Tutto è partito dalle intercettazioni dei familiari, quindi l’incrocio con la banca dati dei malati oncologici e quel nome sospetto, Andrea Bonafede, perché così si chiama il nipote di un suo fedelissimo. Nessun confidente, nessun pentito: i magistrati palermitani e i carabinieri del Ros sono arrivati alla cattura del boss Matteo Messina Denaro con un’indagine tradizionale. Da almeno tre mesi gli inquirenti analizzavano le conversazioni dei familiari del capomafia intercettati: spunti e battute di chi sa che è sotto controllo, ma non può fare a meno di parlare da cui è emerso che il padrino di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subito due interventi chirurgici a Marsala e Palermo.

Uno per un cancro al fegato, l’altro per il morbo di Crohn. Una delle due operazioni, peraltro, era avvenuta in pieno Covid. Da questo tassello sono partite da qui le indagini: pubblici ministeri antimafia e carabinieri hanno scandagliato le informazioni della centrale nazionale del ministero della Salute che conserva i dati sui malati oncologici. Confrontando le informazioni captate con quelle scoperte gli inquirenti sono arrivati a certo un numero di pazienti.

A quel punto, l’intuizione degli investigatori ha fatto il resto: l’elenco si è ridotto sulla base dell’età, del sesso e della provenienza che, sapevano i pubblici ministeri, avrebbe dovuto avere il malato ricercato. Alla fine tra i nomi sospetti c’era quello di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara. Un dettaglio che ha tradito ‘u Siccu, dopo trent’anni in cui si era trasformato in un fantasma.

Dalle indagini è infatti emerso che il giorno dell’intervento, scoperto grazie alle intercettazioni, il vero Andrea Bonafede era da un’altra parte. È stata la chiave di volta: il suo nome era stato usato da un altro paziente. Le indagini hanno poi confermato che Messina Denaro, alias Bonafede, si sarebbe dovuto sottoporre alla chemioterapia il 16 gennaio. Certi di essere molto vicini al capomafia, i carabinieri sono andati nella clinica Maddalena di Palermo: Messina Denaro era arrivato con il suo favoreggiatore Giovanni Luppino a bordo di un’auto. Vedendo i militari ha provato ad allontanarsi. Un tentativo durato qualche secondo. È stato bloccato subito dopo dai militari del Ros: “Come ti chiami?”, gli è stato chiesto. A quel punto ‘u Siccu ha capito che era finita la sua latitanza: “Sono Matteo Messina Denaro”, ha risposto l’ultimo degli stragisti di Cosa Nostra consegnandosi ai carabinieri.

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