Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge con misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale e quello con disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori e la semplificazione procedimentale in materia di immigrazione. Il decreto sui migranti contiene l’annunciato “codice di condotta” sull’attività delle ong nei soccorsi in mare. Prevista una serie di nuove regole per le navi umanitarie: stop ai soccorsi multipli (a meno che non siano richiesti dalle autorità della zona Sar) e al trasbordo dei naufraghi, obbligo di chiedere il porto di sbarco all’Italia immediatamente dopo aver effettuato il primo salvataggio, possibilità per i migranti di chiedere asilo direttamente a bordo delle navi straniere e non nel Paese di primo approdo. Le ong devono chiedere “nell’immediatezza dell’evento l’assegnazione del porto di sbarco”, che deve essere “raggiunto senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso”. Inoltre, devono essere “fornite alle autorità per la ricerca e il soccorso in mare italiane, ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza, le informazioni richieste ai fini dell’acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata dell’operazione di soccorso posta in essere”.

Le multe previste sono di due tipi: una, da duemila a diecimila euro, per i comandanti che non forniranno subito tutte le informazioni sul soccorso, l’altra, da diecimila a cinquantamila euro con sequestro della nave, per i natanti che non dovessero rispettare il codice di condotta e provassero ad entrare in acque italiane senza l’autorizzazione che verrà rilasciata in via temporanea solo a chi rispetta le regole, presenta i requisiti di idoneità tecnico-nautica e comunica una ricostruzione dettagliata dell’evento di soccorso. Responsabili in solido con il comandante sono l’armatore e il proprietario della nave. Per reiterate violazioni del codice è prevista la confisca delle imbarcazioni. Per quanto riguarda le richieste d’asilo, è previsto che il comandante debba “avviare iniziative” per informare i naufraghi della possibilità di avviare le pratiche a bordo: se la nave, come sostiene il governo, si considerasse territorio dello Stato di bandiera, questa procedura incardinerebbe la responsabilità dell’accoglienza e del vaglio delle richieste d’asilo in capo a quel Paese e non più all’Italia.

Il decreto sugli impianti strategici, composto da dieci articoli, prevede invece che i 680 milioni già stanziati per l’acciaieria ex Ilva possano essere utilizzati fin d’ora quale finanziamento soci convertibile in futuro aumento di capitale. Una mossa che non piace affatto ai sindacati: “una resa incondizionata del governo nei confronti della multinazionale”, la definisce il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. “Riteniamo sbagliato concedere questa ingente somma di denaro pubblico senza reali garanzie occupazionali e produttive nè vincoli chiari sul futuro dell’ex Ilva. Sono stati concessi 680 milioni di euro pubblici senza uno straccio di piano industriale. È una vergogna. Per questo confermiamo la nostra manifestazione dell’11 gennaio a Roma sotto Palazzo Chigi. Il Governo deve ascoltare i 20 mila lavoratori e le comunità interessate. No a forzature, saremo intransigenti per il bene dei lavoratori e il futuro della più grande acciaieria europea”, attacca.

Il ministro Adolfo Urso, recita una nota del ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex Mise) ha illustrato al Consiglio dei ministri un nuovo accordo tra gli azionisti di Acciaierie d’Italia, ArcelorMittal e Invitalia, che prevede, tra l’altro, l’impegno dei soci per il rilancio del sito produttivo e conseguenti garanzie occupazionali fissando dei target di produzione superiori a quelli conseguiti nell’ultimo biennio. Il provvedimento – comunica sempre il ministero di via Veneto – “prevede inoltre modifiche alla normativa per la attivazione delle procedure per l’amministrazione straordinaria in caso di insolvenza della società” e “norme processuali penali per assicurare la continuità produttiva delle imprese di interesse strategico nazionale intervenendo sulla disciplina dei sequestri e su quella in materia di responsabilità penale per tutti gli stabilimenti di interesse nazionale”: insomma, una sorta di scudo penale per “salvare” gli impianti da future iniziative giudiziarie.

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