Nel 2012 centinaia di emissari del governo marocchino bussarono alle porte dei parlamentari europei per convincerli a dire sì al trattato che liberalizzava gli accordi commerciali tra Rabat e l’Unione europea. Tra loro anche un ambasciatore e l’allora ministro dell’agricoltura Aziz Akhannouch, oggi primo ministro del governo di Rabat. E’ quello che ha raccontato José Bové, ex europarlamentare francese dei Verdi, durante un’intervista rilasciata nel 2017 agli autori di “Inside the agreement”, una videoinchiesta – arrivata in finale al premio Dig – sugli effetti devastanti del trattato tra l’Unione Europea e il Marocco sull’agricoltura del sud Europa.

Un racconto che oggi può essere letto sotto un’altra luce. Bové, infatti, svela i retroscena dell’accordo commerciale fra Unione Europea e Marocco siglato nel 2012. E racconta di aver ricevuto un tentativo di corruzione da parte dell’allora ministro dell’Agricoltura di Rabat, che oggi è il premier del Marocco. “Ho visto il ministro marocchino diverse volte, anche nel mio ufficio. Quando ha visto che ero contrario al trattato ha provato a farmi cambiare idea. Mi ha chiesto un incontro per darmi qualcosa, ma non so cosa, non me l’ha mai detto. Mi ha chiesto di incontrarlo in un luogo appartato lontano da occhi indiscreti. Io ho accettato e quando mi ha richiamato per sapere l’indirizzo gli ho detto che era quello dell’ufficio del mio avvocato. E la faccenda si è chiusa lì. Chiaramente non è venuto all’appuntamento ma è chiaro che volesse ‘comprarmi‘ e farmi cambiare idea sul trattato”, è il racconto dell’ex eurodeputato. Di recente Bovè ha ripetuto le sue accuse alla radio France Inter e per questo motivo è stato denunciato per diffamazione da Akhannouch, che oggi guida il governo marocchino.

Di sicuro c’è che pressioni di Rabat sull’Ue sono confermate dai i Maroc-Leaks: centinaia di cablogrammi classificati riversati in rete a partire dal 2015 che svelano le manovre di lobbying portate avanti in tutto il mondo dagli 007 marocchini. Da quelle carte si scopre che quell’accordo è stato spinto con ogni mezzo sia dai lobbisti marocchini che da alcuni europarlamentari considerati vicini al paese maghrebino, come Pier Antonio Panzeri, l’uomo al centro dell’inchiesta sulle mazzette che sarebbero state pagate da Rabat, ma pure dal Qatar, nel cuore delle istituzioni comunitarie.

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