di Carmine Di Filippo

Il viceministro all’Economia Maurizio Leo sulla manovra di bilancio ha giustificato la tassa piatta, estesa a 85mila euro per le ‘partite iva’, col fatto che già ci sono altre tasse piatte. Ma si è aggiunta po’ di iniquità alla tanta che già c’è. Con l’aumento della soglia, un professionista giungerà a risparmiare il doppio di un ristoratore, ma senza un aumento consistente di spesa rispetto a quest’ultimo. Un vantaggio per i ‘colletti bianchi’.

Introdurre altra iniquità fiscale oltre a quella tra autonomi e dipendenti non si giustifica col fatto che già ce ne sono. Il Sottosegretario: “Gradualmente e trovando le necessarie coperture, bisognerà andare verso un sistema a tre aliquote”. Coperture necessarie se si prevede la riduzione delle entrate abbassando le aliquote. La revisione della spesa ha prodotto riduzione degli sprechi; pare che non ci sia molto ancora da ridurre. Ci sarebbero da chiudere enti inutili che rosicano 10-12 miliardi l’anno. Roberto Calderoli ne individuò 1.612 da ministro della Semplificazione, ma poi dal 2017 non se ne parla più. Non capisco quel ‘bisognerà’ e ‘tre aliquote’. Allora perché non due, come chiedeva un illustre? Qual è la necessità, a scapito di una maggiore progressività?

Per la tassa piatta si è parlato di ‘semplificare’: procedure va bene, ma ridurre il numero di aliquote per semplificare il calcolo no; oggi basta una app. In Italia l’aliquota marginale Irpef è scesa dal 72% del 1975 al 43% di oggi. Allora c’era una maggiore progressività con 32 aliquote che davano alle tasse l’andamento di una curva. Con tre aliquote si hanno tre tasse piatte per tre fasce di reddito.

Da allora le tasse sono aumentate: l’aliquota media del +14-16% su redditi fino a 100mila euro per diminuire fino a diventare uguale e pari al 44% per un reddito di 800mila euro. Su redditi superiori, invece, le tasse sono diminuite: -2% su un milione, -8% su due milioni e -12% su tre milioni. Si tenga almeno presente che beneficia per intero della riduzione dell’aliquota inferiore chi ha un reddito oltre il limite di fascia.

E vabbè: si darà un piccolo contributo ad appuntire la piramide della ricchezza, già molto più appuntita della piramide di Cheope. Si proseguirà con la politica economica di Reagan invece che con quella suggerita dal prof. Caffè. E’ idea della destra che le tasse e i servizi forniti devono essere al minimo. Quello che vuoi te lo devi guadagnare, altro che Stato sociale, altro che RdC. In Italia c’è, ancora e perfino, chi diceva che è ‘immorale’ un’aliquota maggiore del 30%. Come se la moralità fosse misurabile con questa percentuale, e non nell’evitare di evadere.

Del resto anche l’aggettivo ‘coraggioso’ per una manovra economica è fuori luogo. Al limite si potrebbe usare per una manovra fiscale che faccia una di queste cose:

– tassare l’insieme dei beni sulla base di un Quadro Patrimoniale;
– uniformare le tasse su redditi da lavoro, da capitale o da locazione;
– tassare il reddito familiare, tenendo conto del numero di componenti:
– detassare per tutti il reddito inferiore a 10mila euro.

Naturalmente inglobando deduzioni, detrazioni e bonus vari: per semplificare.

Con i tagli alle entrate si fa diventare ‘corta la coperta’ e poi si taglia la spesa perché ‘la coperta è corta’. E così si ha una sanità allo stato comatoso in molte aree del Paese. Inutile vantarsi delle eccellenze se la medicina di base viene praticamente soppressa, perché secondo il min. Giorgetti: ‘Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito’; vanno tutti dagli specialisti: inutile spendere per la sanità territoriale. Ma ci va, a pagamento, chi può, per azzerare mesi di attesa. Negli Usa in milioni non si possono pagare l’assistenza sanitaria. E l’età media è di 7 anni inferiore a quella italiana.

Stupido criticare il fatto che la destra faccia una riforma di destra. Dovrebbero evitare parole come ‘equità fiscale’ e ‘sociale’ dopo ‘destra’. Vedo la riforma fiscale di questo governo come una minaccia per i tanti a basso reddito e una promessa per i pochi ad alto reddito.

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