Era ipotizzabile che succedesse ed è successo. Finisce al vaglio della Corte costituzionale il primo decreto del governo Meloni, che ha rinviato al 30 dicembre 2022 l’attuazione della riforma Cartabia sulla giustizia penale. A sollevare la questione di illegittimità è stato il giudice di Siena Simone Spina, anche su eccezione dell’avvocato Paolo Lorenzini, difensore di un imputato accusato di violenza privata e danneggiamento; reati che con l’entrata in vigore della riforma sarebbero diventati perseguibili solo a querela. Nel caso in questione la querela è stata ritirata e dunque il caso si sarebbe dovuto chiudere senza conseguenze per l’imputato. L’uomo è imputato per aver tamponato un’auto, essere sceso e aver aggredito verbalmente l’altro conducente: una tipica lite per viabilità che con l’entrata in vigore della riforma dell’ex Guardasigilli si sarebbe chiusa con un nulla di fatto.

Secondo il magistrato, scrive la Repubblica, l’invio ai giudici è motivata dal fatto che “con l’entrata in vigore del decreto non può dispiegarsi la concreta efficacia operativa dei più favorevoli mutamenti nel regime di procedibilità relativo ai reati per cui si procede”. L’imputato, che ha risarcito per aver ammaccato con un pugno l’auto della vittima, avrebbe potuto quindi chiudere la vicenda. “La norma censurata non appare neppure in grado di superare il vaglio di ragionevolezza intrinseca imposto dall’articolo 3 della Costituzione – scrive il giudice Spina – non rinvenendosi alcuna sufficiente ragione giustificativa nella necessità di stabilire, peraltro in via d’urgenza, un nuovo termine di vacatio legis relativo all’intera legge che tra i suoi effetti annovera quello di impedire l’applicazione, dal 1 novembre 2022, delle modifiche più favorevoli al reo”.

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