I massicci piani di espansione del gas naturale liquefatto comprometteranno seriamente la possibilità di rimanere sotto la soglia di riscaldamento globale di 1,5°C. Perché insieme alla capacità di Gnl già ora in costruzione, quella dei progetti approvati e proposti potrebbe far aumentare le emissioni di oltre 1,9 Gt (gigatonnellate) di CO2 equivalenti all’anno nel 2030, portando ben oltre i livelli coerenti con lo scenario Net Zero entro il 2050 dell’Agenzia internazionale dell’Energia. Il Climate Action Tracker (Cat), gruppo indipendente di ricerca scientifica che verifica l’azione dei governi per la riduzione delle emissioni dei gas serra, ha pubblicato e presentato alla Cop 27 le più recenti proiezioni sul riscaldamento globale, secondo cui se le politiche non migliorano si andrà incontro a un aumento di temperatura di 2,7 gradi centigradi entro il 2100 rispetto ai livelli preindustriali. Il mondo si sta già dirigendo verso 2,4°C di riscaldamento, sotto gli attuali obiettivi del 2030. Scenario simile a quello presentato lo scorso anno. E dato che si parla di futuro, gli ultimi aggiornamenti arrivano nella giornata dedicata sì alla scienza, ma anche ai giovani, con la cerimonia di apertura del Forum sul clima guidata da loro. Ma arrivano anche a una Conferenza delle Parti sul clima che a Sharm el-Sheikh è in balìa delle critiche. Quelle sui diritti umani, scatenate anche dalla vicenda dell’attivista egiziano Alaa Abdel Fattah e quelle per le spese sostenute per organizzare un vertice che va nella direzione opposta rispetto a tutela ambientale e lotta al cambiamento climatico. E che rispecchia, tra jet privati e presenza delle lobby dell’oil&gas, le contraddizioni non solo egiziane, ma di un sistema economico globale andato avanti senza freni, né rese dei conti.

Il Climate Action Tracker: “Reazione eccessiva alla crisi” – Ma il conto arriva: secondo le proiezioni, tra il 2020 e il 2050, le emissioni cumulative da Gnl potrebbero essere superiori di oltre 40 gigatonnellate di anidride carbonica, mandando in fumo circa il 10% del budget di emissioni che ci resta per restare entro 1.5°C di riscaldamento entro metà secolo. Mentre nel 2030, l’eccesso di offerta potrebbe raggiungere i 500 milioni di tonnellate di Gnl, quasi cinque volte quanto ha importato l’Unione europea dalla Russia nel 2021 e il doppio delle esportazioni totali russe. “Questa reazione alla crisi energetica è una portata eccessiva che deve essere ridimensionata” è il monito degli esperti. E la situazione potrebbe anche peggiorare, dato che l’impennata dei prezzi del gas a livello internazionale sta spingendo i paesi africani a cercare investitori che sostengano progetti di estrazione delle riserve. Una richiesta a cui molti Paesi stanno rispondendo e, in particolare, quelli europei in questo momento sono interessati a sostituire le forniture russe.

Le lobby alla Cop 27 – Nel frattempo, i lobbisti del settore petrolifero e del gas si danno da fare e, secondo una stima di Global Witness e altre organizzazioni, sono 636 quelli “affiliati ad alcuni dei più grandi colossi petroliferi e del gas inquinanti, che si sono registrati per i colloqui sul clima alla Cop27”. Almeno il 25% in più rispetto alla Cop26 tenutasi a Glasgow un anno fa. I partecipanti lavorano per aziende del settore (BP, Chevron, Shell, e altre) o rappresentano il settore dei combustibili fossili. Il contingente più numeroso arriva dagli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno la COP28 il prossimo anno, seguito da quello russo. Secondo l’Ong, la Cop ha più lobbisti del settore oil&gas di qualsiasi delegazione del continente africano e il loro numero supera il totale dei rappresentanti dei dieci dei paesi più colpiti dai cambiamenti climatici.

Gli impegni Paesi e la valutazione degli ultimi Ndc presentati – Il risultato? Il processo di aggiornamento degli Ndc, i contributi (non vincolanti) determinati a livello nazionale, compresi gli obiettivi per la riduzione delle emissioni di gas “non è riuscito a realizzare gli urgenti tagli che i governi avevano promesso di mantenere per mantenere il riscaldamento a 1,5°C”. Nonostante i target più ambiziosi di Australia, Emirati Arabi Uniti, Norvegia e Thailandia, questi “non sono abbastanza per spostare il termometro, né sono compatibili con 1,5°C. Allo stesso tempo – spiega il report del Climate Action Tracker – i primi tre paesi stanno aumentando le loro esportazioni di combustibili fossili, in particolare gas e Gdn, mentre la Thailandia sta pianificando un massiccio aumento delle importazioni di Gnl che minerà le energie rinnovabili”. Gli aggiornamenti da Brasile, Egitto, India, Indonesia e Regno Unito non hanno aumentato l’ambizione climatica. Gli aggiornamenti da Singapore e dal Vietnam sono arrivati quando il report era già chiuso. “Sebbene questi possano contribuire ad abbassare il riscaldamento – spiegano gli analisti – non è probabile che ciò influisca sulle nostre stime generali”. Morale: non ci sono stati miglioramenti sostanziali degli impegni netti zero esistenti dalla COP26, mentre “il riscaldamento potrebbe essere limitato a 1,8°C, se tutti gli obiettivi in discussione fossero pienamente attuati”.

Uno sguardo all’Europa – Ce n’è anche per l’Europa: “L’Ue non ha presentato un obiettivo Ndc rafforzato prima della Cop27 – si legge – non assumendo la leadership per limitare il riscaldamento a 1,5°C, anche se il piano REPowerEU potrebbe andare oltre l’attuale Ndc, riducendo le emissioni del 2030 fino al 57%” escludendo l’utilizzo dei crediti generati dagli assorbimenti di gas serra nel settore dell’uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF)”. Secondo gli esperti, però, l’Unione si sta concentrando troppo “sul sostegno agli investimenti aggiuntivi nel Gnd per sostituire il gas russo, invece del potenziale offerto dall’accelerazione delle energie rinnovabili e dal rafforzamento dell’efficienza energetica”.

Progressi troppo lenti – Il report sottolinea i passi avanti fatti dagli Stati Uniti “che hanno approvato il pacchetto di politica climatica più ambizioso e potenzialmente impattante della loro storia” e della Cina “che ha adottato politiche più ambiziose in materia di energia pulita nei suoi 14 piani quinquennali” e anche nell’Unione europea, che prevede di superare il proprio obiettivo con le sue nuove politiche. Ma emissioni storiche più elevate e alcuni aggiornamenti della metodologia basati sulla scienza più recente “significano che la nostra stima della temperatura per le politiche e le azioni rimane invariata a 2,7°C” spiega il gruppo indipendente. A questo riguardo, strategico è il Global Methane Pledge, il patto globale lanciato a settembre del 2021 da Unione Europea e Stati Uniti per ridurre le emissioni del 30% entro il 2030 e nel quale si cerca di far entrare altri grandi emettitori rimasti fuori. Di fatto, spiega il report, ne sono rimasti fuori Cina (responsabile del 18% delle emissioni), l’India (6%) e la Russia (4%), ma complessivamente i Paesi che vi aderiscono sono responsabili del 56% delle emissioni. Quindi restano fuori i responsabili del 44% delle emissioni.

Il dialogo tra Cina e Usa – Una ripresa del dialogo tra Usa e Cina potrebbe aiutare a raggiungere l’obiettivo, ma le prove di disgelo non sono in discesa. Le discussioni sul clima fra Usa e Cina si sono incrinate la scorsa estate, dopo la visita della speaker della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi a Taiwan, come non ha mancato di sottolineare in questi giorni l’inviato cinese per il clima, Xie Zhenhua, dopo aver incontrato informalmente a Sharm el Sheik John Kerry. “Quella visita ha invaso la sovranità della Cina e ferito i sentimenti del popolo cinese” ha dichiarato Zhenhua, aggiungendo che “la responsabilità sulla sospensione dei colloqui è totalmente degli Stati Uniti”. Poi ha sollecitato gli Usa a “prendere l’iniziativa per rimuovere le barriere” a colloqui. “La porta è stata chiusa da loro. Noi stiamo cercando di aprirla” ha detto, spiegando che “colloqui informali” con gli Usa siano già iniziati. In queste ore, davanti ai leader del mondo riuniti per il vertice sul clima Cop27, proprio Nancy Pelosi ha detto: “Per il bene del loro popolo, sanno che devono ridurre lo smog e aumentare la loro partecipazione. Non dimentico le violazioni dei diritti umani, le violazioni del commercio e la proliferazione delle armi di distruzione di massa nel corso del tempo. Ma credo che dobbiamo lavorare con loro sul clima”.

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