di Carmelo Sant’Angelo

“Io dico che bisogna stare attenti a non confondere la politica con la giustizia penale. In questo modo, l’Italia, pretesa culla del diritto, rischia di diventarne la tomba”. Questo era l’ammonimento di Giovanni Falcone. L’esordiente compagine governativa si è portata avanti con il lavoro mettendo la prima pietra all’erigendo mausoleo. Il Presidente Meloni non ha avuto alcuna remora ad utilizzare lo strumento penale per vellicare la nuca dei benpensanti e strappare compiaciuti titoli alle testate adoranti. In fondo questi partecipanti ai rave sono gli scarti della società, inutili, inoperosi, drogati senza i quali staremmo “tutti” meglio. Assestare un bel colpo di clava sulle loro teste “deviate” farà sentir bene la sana e “superiore” civiltà italica, “perché la Nazione di domani sarà la Nazione dei produttori, e non quella dei parassiti” (Mussolini).

Certamente uno splendido inizio per chi, come il ministro Nordio, aveva promesso una depenalizzazione.
Non mi aspettavo nulla da chi non ha alcuna cultura giuridica, per cui non scriverò della loro insipienza, che li impedisce a maneggiare con cura gli strumenti del potere legislativo. Vorrei, invece, concentrare la mia attenzione su quella pletora di giuristi chiamati a far funzionare la macchina statale.

L’art. 77.2 della Costituzione fissa in maniera chiara, precisa e circostanziata i presupposti della decretazione d’urgenza:
1. “casi straordinari …” legati quindi a circostanze eccezionali e imprevedibili;
2. “di necessità”, che rende indispensabile produrre immediatamente quegli effetti;
3. “e urgenza”, che rende indispensabile produrre immediatamente quegli effetti.

Queste sono le tre condizioni poste a presidio della legalità, affinché sia possibile derogare alla fondamentale regola della divisione dei poteri, consentendo all’esecutivo, senza alcuna delega preventiva, di esercitare il potere legislativo. Non c’è male per chi quotidianamente accusava Giuseppe Conte di usurpare il potere legislativo delle Camere. Soltanto che l’operato di Conte è stato giudicato ineccepibile dalla Corte costituzionale, vediamo adesso chi potrà giudicare l’operato della Meloni. Astrattamente, tanto il Presidente della Repubblica, quanto la Corte Costituzionale. Ma questi due corpi costituzionali potrebbero operare questo sindacato senza ingerirsi in valutazione di merito, a loro precluse?

La Corte Costituzionale ha risposto affermativamente, argomentando che necessità, urgenza e necessarietà costituiscono “un requisito di validità costituzionale dell’adozione” del decreto-legge, “di modo che l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge …, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest’ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l’esistenza di presupposti di validità, in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione” (sent. 29/1995).

La Consulta, ad esempio, dichiarò illegittima la legge di conversione di un decreto-legge emanato in evidente assenza dei requisiti richiesti (sent. 171/2007).

Mi chiedo, pertanto, è utile distaccare nei palazzi del potere magistrati, Consiglieri di Stato, “Cassese-boys” per consentire poi che una norma del genere arrivi in gazzetta? Ma come si può pensare di introdurre una nuova fattispecie penale con decretazione d’urgenza e mancandone totalmente i presupposti? Perché l’art. 633 del codice penale, utilizzato per sgomberare i ragazzi a Modena, è risultato inidoneo tanto da palesare un’evidente e pericolosa lacuna normativa da colmare immediatamente? L’art. 17 Cost è ancora in vigore?

Il problema, a mio avviso, è sempre lo stesso: siamo il Paese di Schettino. Se sulla plancia della Costa Concordia ci fosse stato anche un solo Ufficiale capace di dire la verità la nave non sarebbe finita sugli scogli. Da noi si premia la fedeltà. Fedele è solo colui che non sa dire di: “NO”.

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