Come largamente previsto, la vittoria elettorale riporterà Benjamin Netanyahu al potere in Israele con una coalizione più solida e forse anche con una maggiore capacità di fare alcune manovre politiche e cambiamenti che internamente potrebbero non essere così significativi, ma a livello regionale potrebbero dargli la possibilità di riprendere la sua dinamica visione regionale dell’espansione politica sotto l’egida degli accordi di Abramo.

Sicuramente il ritorno di Netanyahu non può essere visto positivamente da alcuni attori regionali e tra questi ovviamente l’attuale amministrazione americana di Biden che ha cercato chiaramente di sostenere la coalizione di Lapid.

La nuova leadership israeliana potrebbe aggiungere ulteriori difficoltà per l’amministrazione di Biden in un momento in cui il confronto russo-americano è ampiamente in atto e colpisce le relazioni degli Stati Uniti, in particolare coi paesi del Golfo e la disputa sull’incremento della produzione di petrolio nell’Opec plus.

Per Netanyahu la visione strategica consiste nel capitalizzare ciò che ha già ottenuto dalla normalizzazione delle relazioni tra arabi e Israele. Questa linea sarà uno dei suoi pilastri della politica regionale utilizzata anche solo per dimostrare l’efficienza della sua politica e la sua capacità di tenuta. Questo potrebbe concretizzarsi nella possibilità di ottenere più benefici dalla situazione attuale, ma anche di includere più paesi arabi al suo processo di normalizzazione.

Un nuovo e rinnovato impegno di Israele con i paesi del Golfo sarà un momento strategico per Netanyahu per sfruttare la situazione attuale in Iran da un lato e dall’altro per costruire un blocco più ampio nella regione che possa influenzare qualsiasi visione americana, senza limiti nell’accettazione delle politiche di questo blocco regionale. Ciò farà leva sui paesi del Golfo come gli Emirati Arabi Uniti e persino l’Arabia Saudita, che come Netanyahu non godono di rapporti particolari con l’amministrazione americana.

Allo stesso tempo le piccole conquiste fatte di recente dall’amministrazione Biden per quanto riguarda il vertice del Negev o in riferimento all’ingresso del Marocco nell’accordo di Abramo sono le uniche che hanno un certo rilievo. In questo contesto anche il fragile accordo tra Israele e Libano potrebbe essere a rischio reale in caso di escalation, adottata sia all’interno della Cisgiordania e Gaza o anche contro l’Iran.

Non c’è dubbio che l’escalation all’interno della Cisgiordania e Gaza sembra essere imminente, soprattutto con il numero crescente di operazioni che prendono di mira gli israeliani, che spingeranno qualsiasi governo israeliano ad adottare una reazione aggressiva per dimostrare la propria efficienza e proteggere e preservare la situazione interna; teoricamente dal governo attuale ci si aspetta una escalation a diversi livelli, che potrebbero provocare nuovi episodi di violenza.

La vittoria di Netanyahu potrebbe aggiungere ulteriori problemi per l’amministrazione Biden nell’affrontare le questioni mediorientali, soprattutto perché dal suo insediamento manca uno scambio dialettico con i paesi del blocco statunitense, che in precedenza con Trump hanno goduto di uno slancio sulle relazioni aperte. Questo significa che se gli Stati Uniti hanno fallito nell’affrontare alcune situazioni non potranno ottenere ciò che hanno pianificato riguardo a Israele e Iran. Oggi la missione da affrontare è in Medio Oriente, una missione che diventerà ancora più ardua perché il Medio Oriente non è lontano dalla tendenza internazionale che spinge verso l’estrema destra – maggiore sia per scelta democratica sia per forza autocratica.

Alla fine gli Stati Uniti dovranno riconsiderare il modo in cui stanno affrontando la politica mediorientale riferita alle sfide internazionali. Per il momento sembra molto difficile che la linea politica finora seguita dagli Usa possa avere successo. Questo non solo per la politica estera americana ma per la velocità con cui si sta evolvendo la politica in generale. Una strada percorribile potrebbe essere quella di compensare i fallimenti massimizzando i risultati ottenuti; in questo caso ciò che rimarrà sono le parti degli accordi di Abramo e ogni possibile unione di nuovi paesi che questa amministrazione può continuare a promuovere come una svolta per l’intera scena regionale in un’ottica di pace.

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