“Non è un governo di centrodestra ma di destra-centro. Il fatto che FdI abbia raccolto più voti di quelli messi insieme da Fi e Lega mette in agitazione gli alleati che hanno il diritto di rimarcare la loro identità”. Gianfranco Fini torna in televisione dopo anni e mette in guardia la nuova premier, sua vecchissima conoscenza, sulle difficoltà che la attendono: “Dovrà essere paziente e abile nel tentativo di tenere tutti insieme, nell’ambito di un programma unico e delle risorse disponibili, agendo sulla base di valori condivisi. Do per scontato che ci saranno fibrillazioni“, dice l’ex segretario del Movimento sociale italiano e fondatore di Alleanza nazionale, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su Rai 3. In molti negli ultimi giorni hanno ipotizzato un suo ruolo da “ispiratore” di Giorgia Meloni, di cui ai tempi di An vide subito il talento rendendola – a soli 29 anni – vicepresidente della Camera: “Ispiratore no, non ha bisogno di essere ispirata. Posso dire che c’è stato chi ha indicato una strada, che poi tocca ai più giovani percorrere”, dice riferendosi a se stesso. E ricorda di aver detto, di recente, alla stampa estera “che la realtà italiana della destra era un po’ diversa da come veniva loro raccontata: dissi di avere votato Meloni e lo confermo”.

Il tema è ovviamente il rapporto col fascismo, rinnegato apertamente da Fini nel celebre congresso di Fiuggi del 1995. “Fu l’espressione di un passaggio: uscimmo dalla casa del padre con la certezza di non fare ritorno“, ricorda. “Non so se c’era Meloni, che aveva 18 anni. Ma c’era il segretario della sua sezione, Fabio Rampelli, che mi ha detto che si riconobbero in quella svolta: scrivemmo che l’antifascismo era stato essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva oppresso. Con questa nostra dichiarazione, la sinistra prese atto che non si poteva continuare a dire che il fascismo era tornato. Fiuggi pose fine a una stagione“. Per questo, dice, il centrosinistra di oggi “non può accendere l’interruttore dell’antifascismo in modo strumentale. Alcune delle accuse mosse a Meloni sono risibili. Chiedono di riconoscere l’antifascismo come valore? Lo abbiamo detto a Fiuggi e Meloni non si è dissociata”, rivendica.

Poi un passaggio sulla propria parabola politica: la federazione con Forza Italia che sciolse An nel Popolo delle libertà è stata “un errore imperdonabile, non lo perdono a me stesso”, ammette. E ricorda che Meloni e La Russa non lo seguirono quando fu estromesso, salvo poi uscirne poco dopo e fondare Fratelli d’Italia, “la nuova casa della destra”: “C’era scetticismo totale, io per primo dicevo: “Ma dove vanno?”. Non ci credevo, ma ora devo dire che avevano ragione loro e torto io”. Un consiglio alla sua ex delfina ora presidente del Consiglio? “Attenzione a varare alcuni provvedimenti. Il ministro Roccella, vediamo cosa farà, è una delle parlamentari che promise di promuovere un referendum per abrogare le unioni civili, francamente qualche necessità di dire “piano” c’è. Su queste questioni il governo farebbe molto meglio a dire che se ne occupi il Parlamento. L’importante è non cambiare la 194“, dice. Per poi dirsi contrario a uno dei primi provvedimenti annunciati: “È meglio che rimangano le mascherine obbligatorie negli ospedali“.

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