Cinema

Utama, il racconto potente e severo su un mondo che si sta polverizzando

In sala dal 20 ottobre il film. opera prima del regista boliviano Alejandro Loajza Grisi, descrive la vita di una comunità a cui da troppo manca l'acqua. Distribuisce Officine Ubu

di Davide Turrini

Magari non ve ne accorgerete subito, ma c’è una sorta di agglomerato di suoni ricorrente in Utama – in sala dal 20 ottobre – che rimane addosso dal primo all’ultimo istante di film. La linea più marcata è il respiro affaticato del protagonista Virginio, anziano pastore quechua che vive con la moglie in una baracca di pietra negli altipiani boliviani oltre i 3500 metri. Inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, ad ogni sequenza più esile, come se l’opera prima del boliviano Alejandro Loajza Grisi, vivesse in quello stantuffo di fiato che va a spegnersi progressivamente più o meno metaforicamente. Poi c’è il fischio irregolare e animalesco dei lama, branco che attornia la baracca e riempie il lungo arido pascolo accompagnato dal sempre più lento Virginio. Infine, la screziatura artificiale dei flauti andini leggermente sincopati del soundtrack ufficiale.

Questo per dire che nonostante le lenti Zeiss Super Speed che allungano e allargano il nitore dei campi lunghissimi in una forma di ipnosi naturalistica, in Utama oltre che a guardare bisogna provare ad ascoltare. Manca la pioggia da parecchio tempo (altro che Siccità di Virzì) tra le lande over 3000 battute dal sole. I lama cadono stecchiti come foglie secche. I raccolti sono un miraggio e nemmeno l’ascesa ad un monte sacro placa il dubbio generale per il ristretto popolo con la coperta a tracolla: trasferirsi in città o rimanere a soffrire la fame e la sete. Tra una scodella d’acqua razionata, un pozzo oramai svuotato e qualche rigagnolo di ruscello dove strofinare insieme gli abiti, ecco però arrivare dalla città il nipote di Virginio. Cuffietta per la musica sulle orecchie, il ragazzo tenta di aiutare i nonni, ma la diffidenza degli anziani e la differenza tra la mentalità arcaica montanara e quella urbana non tardano a presentarsi come ostacolo. C’è poco elitarismo da città nell’osservare la “diversità” indigena, perché Utama è più che altro un film che rivolge uno sguardo severo e potente rispetto ad un mondo che pare in organica e fisica decomposizione. Grisi ha rintracciato una vera coppia ayamarana (Jose Calcina e Luisa Quispe) sul posto nei sopralluoghi e a questi ha affidato la resa drammaturgica di presenza e dialoghi. Distribuisce Officine Ubu.

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