In principio fu Nanni Moretti: “Mi dispiace dirlo, con questi dirigenti non vinceremo mai”. Il suo j’accuse fu pronunciato nel 2002 in piazza Navona, davanti a Piero Fassino e Francesco Rutelli che assistevano impietriti. Fu talmente potente che passò alla storia. E osservando la protesta delle attiviste femministe di Non una di meno contro Laura Boldrini, e in particolare la reazione piccata della ex presidente delle Camera, si può dire che lo sfogo del regista è invecchiato benissimo. Senza scomodare gli anni Settanta e i movimenti, gli ultimi 20 anni del centrosinistra sono costellati da decine e decine di contestazioni ai dirigenti del partito, i successori di coloro che Moretti definì “incapaci di parlare alla testa, all’anima e al cuore delle persone”. Da Fassino a Bindi, passando per Renzi e Prodi, non si è salvato praticamente nessuno. Pds prima, Ds poi e Pd oggi. Contestazioni provenienti da movimenti studenteschi, centri sociali, sindacati, operai, comitati di cittadini, elettori delusi. Sinistra contro (centro) sinistra. Un rapporto tormentatissimo quello con la piazza, di fronte alla quale i leader si sono spesso mostrati incapaci di ascoltare e dialogare, come se avessero scordato che la politica e il consenso passano anche dalle proteste. Soprattutto nel complicato mondo della sinistra, che ha la discussione interna e l’autocritica nel proprio Dna.

Proprio come l’applauso fatto da Boldrini alle femministe, le reazioni a urla e cartelli sono spesso nervose, spazientite, talvolta spocchiose e arroganti. Gesti che ogni volta tradiscono una distanza sempre più grande, una frattura che ha perso via via i punti di contatto e che è una delle cause dell’insuccesso del centrosinistra alle urne e dell’astensionismo di un certo elettorato. Pochi sono stati quelli in grado di gestire insulti, sedersi con i manifestanti e interrogarsi sull’origine di tanta rabbia e frustrazione. Tanti invece quelli che hanno preferito ignorarli, passare da entrate secondarie o affidarsi ai servizi d’ordine.

Il dito medio di Fassino. L’ex sindaco di Torino non è certo famoso per l’empatia. Nel 2014, in occasione delle celebrazioni per il 65esimo anniversario della tragedia di Superga allo stadio Filadelfia, rispose alle contestazioni (e agli insulti) di un nutrito gruppo di tifosi alzando il dito medio. Di fronte alle polemiche, prima negò di aver fatto quel gesto, poi, inchiodato da un video che non lasciava margini a dubbi, si disse rammaricato, e parlò di “reazione istintiva e umana”. Ma non fu un caso isolato. Nel 2013 il suo intervento dal palco per il 25 aprile fu interrotto più volte dagli slogan dei contestatori. “Non si capisce con chi ce l’avete” rispose infastidito ai manifestanti senza prenderli troppo in considerazione.

Rosy Bindi e le contestazioni dal mondo lgbt. Nel 2012 Rosy Bindi fu bersaglio di lanci di brillantini e chicchi riso alla Festa dell’Unità di Bologna. La protesta fu organizzata da Arcigay, che l’accusava di aver detto no ai matrimoni omosessuali (anche se si diceva a favore delle unioni civili). “Mi avete dato l’ebbrezza di un matrimonio che non ho mai avuto” fu la risposta agli attivisti. Nello stesso anno, a Roma, litigò sempre con alcuni attivisti per i diritti omosessuali alla Festa dell’Unità. “Se non sentite il bisogno di me, ve ne dovete andare” sbottò a un certo punto. Un anno prima, sempre alla Festa dell’Unità di Bologna, anche Massimo D’Alema fu “accolto” dalle associazioni lgbt arrabbiate per alcune sue dichiarazioni. In quel caso, però, l’ex premier fu capace di disinnescare la protesta, chiese scusa, si sedette insieme ai manifestanti per ascoltare le loro rivendicazioni e promise una proposta di legge sui diritti. Un capolavoro politico. Andò diversamente a Bari, nel 2014, dove si presentò per un convegno. Al suo arrivo fu attaccato da decine di lavoratori in sciopero, che tra urla, insulti e fischi gli lanciarono anche del terriccio. D’Alema, impassibile, attraversò la piazza ignorando completamente gli oppositori e le loro critiche.

Renzi e la risparmiatrice denunciata. Per l’attuale leader di Italia Viva non basterebbe una pagina intera. Sia da segretario del Pd, sia da presidente del Consiglio, Renzi è stato contestato decine di volte da lavoratori, comitati, studenti o centri sociali. Nel 2015 le proteste dei collettivi e dei precari a Bologna vengono gestite solo come problema di ordine pubblico e finiscono con feriti e arresti dopo violenti scontri con la polizia. Due anni dopo un altro caso scatena le polemiche e le critiche. E’ il 2 settembre 2017. Siamo sempre a Bologna, sempre alla Festa dell’Unità. Renzi è lì per presentare il suo libro, ma viene interrotto da una donna anziana che gli rinfaccia le riforme bancarie di quando si trovava al governo. “I soldi ai risparmiatori, ci avete rubato i soldi” gli urla la donna, che poi si rivelerà una risparmiatrice vittima del crac della Carife.Avete rubato lo dice a sua sorella” le risponde sgraziato il segretario. La signora viene poi allontanata dalle forze dell’ordine e in seguito querelata dal tesoriere Francesco Bonifazi (la denuncia è stata poi ritirata). Anche Maria Elena Boschi nel suo tour a sostegno del Sì al referendum costituzionale fu presa di mira dagli oppositori della riforma. Nel 2016 arrivò per un evento a Reggio Emilia scortata e accolta dai fischietti delle contestatrici, in gran parte donne. “Sono molti di più i miei sostenitori” disse poi ai giornalisti.

Le proteste dei terremotati. Nel 2013 Vasco Errani si trovava alle prese con la complicata gestione della ricostruzione, dopo il terremoto che lasciò in ginocchio la bassa emiliana. Durante una visita insieme all’allora premier Enrico Letta nel cratere di Mirandola, il presidente della Regione fu duramente attaccato da un gruppo di sfollati e rappresentati di comitati cittadini. che accusarono i due di fare “la solita passerella“. Errani si fermò e andò in mezzo ai contestatori. Ne nacque un animato botta e risposta, con l’allora governatore impegnato a rispondere punto per punto alle critiche, citando delibere e misure adottate dalla Regione. Anche Romano Prodi, durante un convegno del 2017 replicò nel dettaglio e con molta calma alla lunga e argomentata contestazione di una studentessa che lo accusava di “aver svenduto l’Italia” e lo invitava a guardare in faccia la generazione Erasmus, composta soprattutto da precari. Restando in Emilia, le proteste non hanno risparmiato nemmeno l’attuale presidente della Regione, Stefano Bonaccini, oggi in pole position per la segreteria del Pd. Le cronache locali dicono che Bonaccini non si è mai sottratto al confronto/scontro (compreso quello sui social), anche se la replica talvolta è risultata un po’ scomposta. Come a Parma, nella campagna elettorale delle amministrative di giugno. Bonaccini, interrotto dalle urla di un comitato di cittadini, ha invitato i manifestanti a prendere esempio dalle vecchie generazioni che “invece di contestare andavano a lavorare e non si lamentavano mai

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