“Nelle ultime settimane sono stati i Cinque stelle a definirsi progressisti, sia pure in modo strumentale ma per i loro obiettivi molto intelligente. Per raccogliere i voti degli scontenti e dei ceti più disagiati, i Cinque stelle si sono spostati a sinistra, anche perché hanno trovato un serbatoio lasciato vuoto. E questa è una responsabilità anche del Pd“. A dirlo è l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi analizzando i risultati delle elezioni politiche in un’intervista alla Stampa. Quanto al Pd, la campagna rosso-nero, buoni-cattivi non ha funzionato perché “Letta ha condotto una campagna di ragionamento e non di slogan. Forse non era il momento”. Prodi smentisce che sosterrà la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein come candidata alla segreteria del Partito democratico. “Una invenzione totale! Non appoggerò nessuno, non farò endorsement, non entrerò assolutamente nel congresso che farà il Pd, ma che personalmente chiedo dal 2019. Sono passati tre anni! Pensavo allora, e penso ancora, che sia urgente rifondare le basi ideologiche e programmatiche del Pd. Ma che errore partire dai nomi! Si parta da un grande dibattito popolare, centrato su una quindicina di temi che stanno a cuore alla gente, quelli dei quali si parla a tavola: energia, scuola, salute, cambiamento climatico. Ogni settimana una ventina di personalità, interne ed esterne al partito, ne discuta in rete con migliaia e migliaia di persone, se ne estraggano poi delle tesi sulle quali il partito dovrà misurarsi”.

Infine il capitolo Meloni. Le cancellerie europee? Secondo l’ex premier “punti interrogativi ne hanno. E ne debbono avere, considerando le affermazioni e le amicizie che Meloni non ha rinnegato”. Ma questo non significa che automaticamente si concretizzi un muro contro muro tra Roma e Bruxelles. “Gli interrogativi non devono basarsi sulla campagna elettorale, ma dovranno riguardare i comportamenti. A Bruxelles non sono chiamati a fare i tutori, ma vi sono regole europee che abbiamo sottoscritto e che devono essere rispettate. Quando Heider, leader di estrema destra, vinse le elezioni in Austria, ero presidente della Commissione europea. Ricevetti pressioni fortissime, a cominciare da Chirac, per irrogare sanzioni all’Austria per affermazioni durante la campagna elettorale. Io risposi di no, perché bisognava misurarsi con i comportamenti concreti. E questo sarà l’atteggiamento che terranno i nostri partner europei”. Il punto, insomma, è se “l’amore per Orban si tradurrà in comportamenti ungheresi”.

Secondo Prodi gli italiani hanno scelto Meloni perché “è la naturale prosecuzione di una storia che dura da anni – spiega ancora alla Stampa – gli italiani vanno alla ricerca del ‘fenomeno‘. I partiti sono destrutturati e si vota per emozioni. Gli opinion polls davano un gradimento altissimo per Draghi e poi quegli stessi italiani hanno premiato, con risultati superiori alle previsioni, i due partiti che più hanno avversato Draghi: Fratelli d’Italia e i Cinque stelle che hanno aperto la crisi e hanno affossato il governo. Fenomeni misteriosi se non fosse che oramai si vota col cuore, col fegato, con l’istinto ma certamente non con la ragione”. Meloni, quindi, per il Professore, si inserisce nella serie che da Renzi ha portato poi alle esperienze di governo di 5 Stelle e poi della Lega. Poi Fratelli d’Italia ha vinto ma non esondato perché “l’ascesa è stata frenata dalle sue ascendenze politiche, alle quali mi sembra ancora abbastanza fedele”. Nel frattempo, riflette ancora Prodi, Meloni ha fatto sparire tutti i suoi dirigenti in campagna elettorale, “a parte il suo consigliere ex democristiano Guido Crosetto“. “Gli elettori hanno votato il ‘fenomeno’ – insiste Prodi – ma al potere ci va il partito”.

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