“Sembra quasi una presa di posizione, quella delle Direzioni sanitarie, e che così com’è dovrebbe indurci a riflettere su quale sia il senso vero di un accreditamento che di fatto si traduce in un esborso per la Regione senza avere nessuna voce in capitolo”. Va dritto al punto il consigliere della Regione Lombardia, Luigi Piccirillo (Gruppo Misto), che in una missiva inviata nei giorni scorsi al vicepresidente e assessore al Welfare, Letizia Moratti, mette il dito nella piaga della gestione delle Rsa dopo che ilfattoquotidiano.it ha pubblicato una lettera del Comitato Soscittadini.inRsa (soscittadini.inrsa@libero.it) ai candidati alle politiche.

Del resto, a quasi sei mesi dalla fine dello stato di emergenza, troppo spesso e non solo in Lombardia, le case che ospitano anziani non autosufficienti, sono restie a far varcare la soglia a parenti e amici dei residenti che stanno vivendo un lockdown senza fine. “Le chiedo, ancora oggi, che siano intensificati i controlli e si intervenga ancora e più efficacemente a tutela degli ospiti, delle persone che desiderano starGli accanto e della Collettività tutta che merita di ritrovare il profondo senso di fiducia nelle Istituzioni in primis”, scrive quindi Piccirillo al quale le restrizioni all’ingresso “sembrano davvero distoniche rispetto al quadro nazionale e regionale e neppure suffragate da un’eventuale e particolare contesto epidemiologico insistente nella struttura”.

Non solo. Il consigliere riferisce anche di casi in cui la famiglia è stata invitata a portarsi via l’anziano, per il solo fatto di essersi rivolta alle forze dell’ordine per far rispettare i diritti propri e del parente “dopo che la struttura Gli aveva, per l’ennesima volta, impedito di far visita al parente anche per svolgere il ruolo di caregiver“.

“Episodi incresciosi” che “obbligano ad intervenire ancora una volta in Consiglio regionale per chiedere che sia trattata con urgenza la mia ultima mozione sul tema”. Non solo per far tornare le Rsa dei luoghi aperti e trasparenti, ma perché la Regione intensifichi i controlli e adotti “nuovi indirizzi e orientamenti per il miglioramento delle condizioni di assistenza e di comfort alberghiero, socioricreativo e psicologico degli assistiti, promuovendo e sostenendo il riconoscimento del ruolo centrale della famiglia e quindi la costituzione di comitati di partecipazione dei familiari all’interno delle strutture residenziali sul territorio”.

“La scelta di contenere i contatti e il perdurare della lontananza dai familiari è contraria ai principi stessi dell’assistenza agli anziani“, continua Piccirillo (LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA) che sottolinea anche come il problema della “diversità di trattamento” tra residenti in base alle decisioni della Direzione sanitaria resti irrisolto. “Inspiegabilmente, le norme nazionali e le indicazioni regionali continuano a restare lettera morta mentre le relazioni socioaffettive continuano ad impoverirsi e questo – come le circolari ministeriali evidenziavano già da mesi –, in una popolazione fragile e in larga misura cognitivamente instabile, favorisce solo l’ulteriore decadimento psicoemotivo e il peggioramento di patologie di tipo organico”.

Benché molto consistente in termini numerici, il caso lombardo non è isolato. Come ricordava nei giorni scorsi Diana Onlus, in Italia secondo i dati Istat del 2018 ci sono 285.827 persone non autosufficienti che vivono in strutture residenziali. “Negli ultimi due anni il numero elevato di decessi tra i degenti, e non solo per la pandemia, i casi di abbandono terapeutico e di maltrattamento ampiamente documentati e le condizioni di lavoro del personale adibito alla cura della persona non autosufficiente e malata, hanno svelato le gravissime carenze delle strutture sociosanitarie accreditate – ha snocciolato i fatti la presidentessa dell’associazione Donatella Oliosi -. Il silenzio complice che è calato su questa situazione negli ultimi mesi ci ha portati qui a chiedere ai candidati di tutti gli schieramenti politici una chiara e onesta presa di posizione“.

Sei i punti programmatici fondamentali identificati da Diana. Primo la tutela del personale, con stipendi dignitosi uniformati ai livelli del Ssn e lo stop a prestazioni a minutaggio che sono “causa del maltrattamento strutturale della persona non autosufficiente”. Segue la trasparenza e in particolare che i familiari sappiano quante e quali persone sono effettivamente in servizio nella struttura. Punto terzo, il coinvolgimento di familiari, amministratori di sostegno e organizzazioni per contrastare il maltrattamento strutturali e per sedersi ai tavoli locale e nazionale. Al quarto posto l’ordine normativo tra le difformità di leggi regionali, nazionali e comunitarie, nonché il controllo vero sulle decisioni delle singole strutture. Poi il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (Lea) e la garanzia che il Servizio sanitario nazionale sia davvero universale. Infine il controllo dei margini di profitto delle strutture e degli enti gestori.

“È il momento che i politici si esprimano in modo chiaro, perché questa popolazione di cittadini e di elettori ha il diritto di sapere chi intende tutelare la salute e la cura della persona non autosufficiente, garantendo soprattutto trasparenza, ordine, controllo e partecipazione civica”, ha chiosato Oliosi.

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