“Una mia paziente, molto giovane, diceva che per lei il sesso era come aprire il frigorifero, estrarre una bibita fresca e scolarsela”. Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e scrittore, lo racconta nel capitolo “recessione sessuale” del suo ultimo libro: Lezioni di sogni (Mondadori). Porta questo esempio per parlare di bulimia sessuale. Il sesso trasformato in elemento massmediatico, pubblicitario, destinato a essere consumato in fretta e scordato ancor prima. Al centro di un processo di recessione con conseguenze imprevedibili sulle relazioni affettive fra i più giovani. “Come cambierà il sesso per le prossime generazioni?“, si chiede. “Se diventa un gioco senza relazioni se non virtuali o assolutamente privato non correrà il rischio di una progressiva perdita d’importanza sociale, con incremento del distanziamento e della solitudine?

Paolo Crepet, nel capitolo “recessione sessuale” del suo libro fa anche riferimento alle grandi conquiste della rivoluzione sessuale, che oggi i giovani vivono appieno…
La rivoluzione sessuale, che ha decretato il distacco fra procreazione e sessualità, è stata positiva. E ha cambiato la quotidianità dei giovani di oggi. Ma ha subìto, come forma di involontario contrappasso, i contraccolpi prodotti dall’eccesso della sua diffusione incontrollata. Fare sesso come prendere una bibita dal frigo rimanda a una sessualità molto libera e mi fa piacere. È un po’ quello che avrei voluto anch’io da giovane. Una grande conquista. Paradossalmente, però, il sesso perde quella patina di curiosità che ha accompagnato da sempre questa parola. È la sottrazione all’erotismo del bello della scoperta e del mistero. Il rischio di una normalizzazione del sesso che diventa parte della comunicazione (il fenomeno del sexting è un esempio) è già sotto i nostri occhi. E quando tutto tende a omologarsi, anche le emozioni più prorompenti si banalizzano.

Come avviene oggi la scoperta del corpo e della relazione sessuale in un adolescente rispetto al passato?
L’età della sessualità oggi si è allungata come un magico elastico: l’esordio è sempre più precoce mentre il suo esaurirsi è sempre più tardivo, anche grazie alla chimica. Ma il nascondersi dei ragazzi nel virtuale, sostituendo alle esperienze reali l’isolamento, ancor più nei due anni di pandemia, ha creato ripercussioni dannose. Sono ancora più evidenti oggi i segni di una mancanza: quella della scoperta e della relazione affettiva. La visione di un figlio col visore in camera è terrificante. La pandemia è stata solo un enorme catalizzatore che ha messo in evidenza i rischi del binomio isolamento-tecnologia. Una formula, mutuata dal business, che produce esseri amorfi incapaci di avere un sogno e un progetto. E che alla fine si annoiano.

Quindi è tutta colpa dell’era digitale?
Ho qualche perplessità a pensare che ci sia un mondo che non vuole questo e aiuti i ragazzi a non voler questo. Le grandi ditte della tecnologia lanciano nuove modalità di connessione. Sempre più in isolamento. Se sei in metropolitana o al bar almeno se arrivano Patrizia o Giacomo te ne accorgi. Vivere per buona parte del tempo chiusi in camera connessi alla realtà virtuale non è la stessa cosa. Abbiamo sviluppato una cultura ambigua. Non abbiamo compreso il pericolo della cultura digitale. Che non è mandarsi un messaggio. È vivere dentro una scatola. Il meta-verso è un’ulteriore passo verso la totale autoreferenzialità per i ragazzi. Perché interloquisci con un mondo che non esiste e non ti confronti dal punto di vista relazionale emotivo. Un esempio? Se una ragazza non ha tendenza a fare amicizia e le do uno strumento che la aiuta a nascondersi lei lo sceglierà.

I genitori che cosa possono fare secondo lei?
Dare limiti. Io da genitore direi: ‘Ragazzi, lasciate al nonno il visore e voi vivete’. Anche perché le domande degli adolescenti non hanno tutte una risposta immediata. La scuola è il primo luogo di interazione. Non serve soltanto a essere interrogati ma a socializzare e a costruire la propria identità. Anche sessuale. Penso che ci voglia più scuola. Il tempo pieno totale. Più scuola, meno solitudine. Quando un ragazzino torna a casa ed è da solo perché i genitori lavorano come la chiama lei se non solitudine? Il corpo non ha un senso e un’identità sessuale nella solitudine di una camera.

Torniamo alla sessualità dei ragazzi: come si arriva all’identità?
Faccio sempre distinzione fra genitalità e sessualità. La prima è elementare. Semplice. La seconda è complessa. Siamo otto miliardi di persone al mondo, ebbene abbiamo miliardi di sessualità diverse. La sessualità è sempre in evoluzione. È anche un processo culturale che si compie attraverso l’esperienza e cambia nel tempo. Ho avuto tanti pazienti che con moglie e figli hanno fatto coming out. Perciò capisco il linguaggio di molti giovani a cui dà fastidio essere etichettati. Capiranno col tempo.

È d’accordo con l’utilizzo del neutro per i teenager che ancora non hanno un’identità sessuale precisa?
Nel non potersi esprimere c’è molto dolore. Ma credo che nessuno abbia il permesso di agire su un minore. Lo farà lui quando si sentirà pronto. Sconsiglio il neutro. Anzi, mi sorprende non poco questa ricerca di neutralità. È come scegliere la strada più semplice per vincere una battaglia giusta correndo però il rischio di mortificarla. Che cosa si dovrebbe insegnare a scuola? A cambiare la grammatica italiana per trasformarla in un ermetico linguaggio indistinto? Più in generale, educare alla neutralità significa assumere un grande rischio: quello di identificare come salvifica la via dell’astensione, privilegiare l’elusione delle responsabilità. Ognuno di noi deve sapere quanta fatica si fa a essere se stessi. Ed è giusto che sia così. Per lottare contro ogni forma di neutralità che la stessa natura disdegna. Se una nuvola non è neutra e nemmeno un granchio, perché mai dovrebbe esserlo l’uomo?

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