Cultura

I bambini senza volto di Tesprit arrivano in Salento: la mostra dell’artista che crea opere d’arte con le suole delle infradito

Per questa sua potenza espressiva, e per l'estro artistico unito ad un'attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, Foli Kossi Gérard Tete, detto Tesprit, è stato selezionato da Charles Adriaenssen, fondatore e proprietario di Outhere Music oltre che ideatore del festival Le Muse Salentine, per una residenza d'artista a Palazzo Sangiovanni ad Alessano, nel cuore del Capo di Leuca, e le sue opere sono in mostra al Castello di Tutino

di Ilaria Mauri

Un raggio di sole dorato si insinua dalla finestra e punta dritto a illuminare i volti di due bambini, forse due fratellini. Non hanno occhi eppure il loro sguardo arriva dritto al cuore. Non hanno bocca eppure ci dicono tanto. Non hanno lineamenti eppure la loro espressività ci trafigge. Sono due bimbi di strada, due dei tanti che Tesprit incontra sulla via che lo conduce alle discariche di Lomé, la sua cittadina natale in Togo: la loro storia è al contempo personale e universale, per questo ha iniziato a ritrarli. E lo fa con una tecnica particolarissima, unica nel suo genere: un mosaico fatto con tessere ricavate dalle suole delle infradito. Per questa sua potenza espressiva, e per l’estro artistico unito ad un’attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, Foli Kossi Gérard Tete, detto Tesprit, è stato selezionato da Charles Adriaenssen, fondatore e proprietario di Outhere Music oltre che ideatore del festival Le Muse Salentine, per una residenza d’artista a Palazzo Sangiovanni ad Alessano, nel cuore del Capo di Leuca, in Salento. Per tutto il mese di luglio, l’artista togolese classe 1994 ha vissuto e lavorato nella dimora storica salentina e ora ha inaugurato la mostra con le sue opere al Castello di Tutino a Tricase, aperta fino al 17 agosto.

I muri rosati pittati da stratificazioni di intonaco delle antiche stanze del castello dei Trane fanno da sfondo alle creazioni di Tesprit: a quelle realizzate ad Alessano si affiancano alcuni lavori precedenti, tutti incentrati sull’esplorazione del tema dell’infanzia e delle condizioni di vita degli “Dzimakplao”, come vengono chiamati nella lingua Mina, quella veicolare del sud del Togo, i bambini di strada ma anche in modo peggiorativo proprio le infradito. La pratica dell’artista inizia all’esterno, nelle strade di Lomé, incontrando i bambini di cui cattura la quotidianità (mendicare, giocare, raccogliere oggetti abbandonati, ecc.), e nelle discariche cittadine dove raccoglie, come loro fanno per sopravvivere, la materia che caratterizza e determina il suo lavoro: infradito e sandali da spiaggia usati. Partendo da istantanee dei bambini scattate sul campo, Tesprit – che disegna e dipinge da autodidatta sin dall’infanzia – nelle sue opere associa immagine documentaria e riciclo. Quando prende le suole di gomma, i suoi gesti si sovrappongono persino a quelli dei bambini che rappresenta, visto che anche loro raccolgono detriti nelle discariche e lungo le strade per poterli rivendere e guadagnare qualcosa che li permetta di sopravvivere.

A partire da infradito e sandali usati che trova nelle grandi discariche della sua cittadina, scolpisce, taglia e assembla la gomma per ritrarre questi bambini. Una tecnica che mira anche ad un nobile riutilizzo di questi scarti, nata con la pandemia del 2020, quando il giovane artista si è trovato privato delle sue risorse e ha deciso di cambiare drasticamente il suo modo di creare arte. Nelle sue opere Tesprit non usa nessun colore o pittura: i colori sono quelli naturali delle infradito, che l’artista ritaglia a metà nel senso della lunghezza, poi taglia per ottenere la forma voluta e infine incolla su delle tele. Usando il coltello, crea effetti di rilievo e di materia, per esempio per riprodurre l’effetto crespo delle capigliature. Scolpisce sagome mascherate da un patchwork di suole che contemporaneamente nasconde e universalizza i suoi soggetti. I volti non hanno occhi, naso e bocca: un modo per facilitare l’identificazione dello spettatore con i soggetti e quindi destare attenzione sul problema dei bambini di strada, endemico dell’Africa.

Questi bambini potrebbero essere chiunque. Le loro teste sono rivolte verso di noi, gridano in silenzio, fissano senza guardare – e noi a nostra volta li guardiamo. Per la prima, diamo un volto a questi bambini dimenticati, invisibili. I titoli delle opere di Tesprit nascono dalla tradizione in Togo di dare come primo nome il giorno della settimana in cui si nasce: Komivi per un maschio che nasce il sabato, Yawovi per chi è nato il giovedì per esempio. Così, quando Tesprit termina un’opera, gli da il nome del giorno in cui ha dato il tocco finale, dando anche un nome al o ai bambini rappresentati. Negli ultimi due anni l’artista ha beneficiato di tre mostre personali: a Parigi (Galleria Mathilde Le Coz, 2022), Accra (Galleria Soview, 2021) e Lomé (Istituto Francese del Togo, 2021). L’esposizione al Castello di Tutino si inserisce nell’ambito della rassegna estiva Le Muse Salentine ed è curata da Tancredi Hertzog-Guarini. Un suo lavoro è stato recentemente selezionato per il progetto Swatch x you e ne presta i motivi al famoso orologio svizzero.

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