Depotenziare l’arma dello scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose: è uno dei punti del programma elettorale della Lega di Matteo Salvini, depositato al Viminale insieme al simbolo. “Attualmente, quando in un Comune la commissione prefettizia accerta che la collusione con una organizzazione criminale sia di un singolo consigliere e/o funzionario pubblico, quasi sempre viene sciolto il Comune. Proponiamo invece che la decadenza riguardi solo la singola persona collusa. Nel caso di funzionario colluso, allontanamento dello stesso e creazione di un fondo ad hoc per i commissari prefettizi volto all’assunzione di personale esterno e quindi certamente non colluso, che vada a sostituire il funzionario corrotto”. La narrazione iper-semplicistica della Lega dimentica però che per sciogliere un Comune difficilmente basta un singolo colluso: il Testo unico degli enti locali richiede la sussistenza di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori (…) ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”.

A rilevare, quindi, non sono elementi formali come l’esistenza di un’indagine a carico di singoli amministratori o funzionari, ma la sussistenza di un reale pericolo che l’attività dell’amministrazione sia piegata agli interessi dei clan mafiosi. Ed è per valutare questo aspetto che il ministero degli Interni nomina un’apposita Commissione di indagine prefettizia che svolge un approfondito esame dell’attività amministrativa trasmette le conclusioni di questo lavoro del comitato provinciale per l’ordine pubblico (che esprime il suo parere al riguardo) e poi al ministro dell’Interno, il quale decide se archiviare oppure sottoporre la proposta di scioglimento al Consiglio dei ministri, che delibera nel merito. Secondo la giurisprudenza amministrativa, inoltre, lo scioglimento non presuppone la commissione di reati da parte degli amministratori né l’esistenza di prove inconfutabili sui collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali: il Viminale gode di ampia discrezionalità nella ricostruzione del contesto ambientale e nella valutazione degli elementi sui collegamenti, diretti o indiretti, o sulle forme di condizionamento della vita amministrativa da parte della criminalità di stampo mafioso. Per questo l’idea leghista di risolvere il problema rimuovendo una presunta “mela marcia” servirebbe solo a depotenziare il sistema di prevenzione e contrasto alle mafie.

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