Forza Italia e Lega sono a un bivio. Spingere per andare avanti con il governo Draghi, preferibilmente senza 5 Stelle, oppure virare decisi in direzione delle elezioni? E’ un bel dilemma, per questo Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si stanno tenendo aperte tutte le porte, fino a mercoledì. Il comunicato congiunto in cui hanno fatto sapere che “il centrodestra di governo chiede chiarezza e prende atto che non è più possibile contare sul M5S in questa fase così drammatica” per poi aggiungere che si ascolterà Draghi e si “continuerà a difendere gli interessi degli italiani con serietà e coerenza”, pur senza il timore del voto, è stato letto come un segnale di disponibilità, un pizzino inviato a Quirinale, Palazzo Chigi e Pd per andare avanti, ma senza il partito di Giuseppe Conte. Vogliono vedere gli sviluppi delle prossime ore, Salvini e Berlusconi, senza chiudere alcuna strada davanti a sé.

L’ex premier ne ha parlato col suo stato maggiore. E se da una parte potrebbe esserci qualche tentazione verso le urne anche come spirito di rivincita verso lo sgarbo che Draghi fece a Forza Italia nominando ministri proprio quelli che Berlusconi non voleva (Gelmini, Brunetta e Carfagna, mentre lui aveva indicato Tajani), dall’altra prevale una certa stima nei confronti del presidente del consiglio e della sua azione di governo, che vede tra i principali fan Gianni Letta. Ed è proprio Gianni, racconta una fonte, in queste ore a tenere un telefono rosso sempre accesso col nipote Enrico: i due Letta si tengono continuamente aggiornati sulla situazione e poi Gianni riferisce all’ex Cavaliere, che lascia fare.

Salvini, dal canto suo, ha problemi più seri, perché l’invocazione continua alle urne da parte di Giorgia Meloni rischia di fargli perdere ancora più consensi verso Fdi. Da una parte, dunque, il leader leghista è fortemente tentato dal voto anticipato, perché poi a giugno 2023 “chissà Giorgia a che percentuali sarà arrivata”. Dall’altra è trattenuto dallo stesso motivo. “Se andiamo a votare adesso Fdi sarà il primo partito e Giorgia diventa premier, tra qualche mese chissà, tutto potrebbe cambiare…”, sussurra un leghista di rango. Per questo Salvini è combattuto, ma non può non dare ragione, ascoltandoli con attenzione, a Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana, tutti schierati pancia a terra per la continuazione dell’esecutivo o per un Draghi-bis. Stessa idea, neanche a dirlo, di Giancarlo Giorgetti, che in queste ore sta facendo da tramite tra Palazzo Chigi e via Bellerio. Ma ci sono anche un paio di leghisti, i cui nomi restano coperti, che stanno parlando col Pd. “Siete disposti ad andare avanti con Draghi senza 5 Stelle?”, è l’interrogativo che dalla Lega rotola verso il Nazareno. Per ora da quelle parti è arrivato un “no”, ma non troppo convinto. E in questa chiave va interpretata l’intenzione di Letta di riportare nel governo anche solo una parte dei 5 Stelle, quelli considerati “più seri”, e quindi “governativi”.

Certo, poi ci sarebbe da convincere Draghi, che per ben due volte in conferenza stampa ha sottolineato che “non esiste un mio governo senza M5S”. Ma a quel punto, se davvero il Pd dovesse convincersi, toccherebbe a Mattarella fare pressione su Mister Bce. Per il quale la strada maestra per continuare, però, resta un nuovo patto sottoscritto da tutti i partiti, grillini compresi. Anche in Fi e Lega, però, c’è chi preferirebbe andare al voto, “altrimenti Fdi arriva al 30%”. Salvini e Berlusconi ascoltano queste voci, ne sono consapevoli, aggiungono perplessità a dubbi, ma per ora restano in attesa. Da una parte non possono fare a meno di dire che non temono le urne, dall’altra mandano messaggi in bottiglia a Mattarella, Draghi e Pd: se si trova la quadra per un esecutivo senza pentastellati noi ci siamo, contate su di noi, anzi governeremo meglio di prima. Dal canto suo, intanto, è facile per Giorgia Meloni invocare a gran voce le urne, sintonizzandosi perfettamente con la pancia di chi vota centrodestra. Per quanto riguarda amministratori locali e imprenditori, lì il discorso cambia un po’, ma lei al momento non se ne cura. Sarà interessante vedere, dopo questo passaggio, comunque vada a finire, se il partito meloniano avrà guadagnato un altro paio di punticini nei sondaggi oppure no.

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