Bastano le prime esagerate bolle di caldo per costringerci a riflettere, con una tragica urgenza legata allo scontro con la Russia, sul nostro futuro energetico e molti purtroppo ne ricavano subito nuovi pretesti per ripensare alla non procrastinabile svolta ‘green’: a maggior ragione sarebbe decisivo il ruolo che può giocare la televisione. E non solo in termini di contenuto.

‘Educare-informare-intrattenere’, il motto di fondazione del servizio pubblico radio-televisivo, a cent’anni esatti dalla nascita della BBC inglese, dopo l’enorme trasformazione del mercato dei media e una consistente mole di studi in merito, significa oggi anche prendere atto che l’effetto educativo e formativo è inevitabile per qualunque tipo di comunicazione. E quindi non è ozioso pensare che per ‘vivere senza gas’, alle tante buone pratiche ecologiche che si possono leggere su FqMillennium di questo mese, si dovrebbe aggiungere un radicale ripensamento dello spreco luminoso che soprattutto in televisione è la dominante da troppe stagioni.

Vi sembra una stupidaggine? Pensate: nel mondo del teatro francese – che poi vuol dire tout court nell’universo teatrale, dato che Parigi è stata la capitale di fondazione anche della scena moderna e contemporanea -, la coincidenza dell’applicazione di una nuova legge di risparmio energetico per le illuminazioni pubbliche e dello stop da Covid, ha incrementato il dibattito, le sperimentazioni e “le riflessioni sulla via ecologica del teatro”, come ricostruisce con competenza un saggio che ha per tema l’estinzione dello spettacolo firmato da Veronique Perrochon, un’esperta riconosciuta di light-design nonché studiosa universitaria, responsabile del programma di ricerca internazionale “Lumière de Spectacle”. L’articolo è apparso su un numero a tema della rivista ‘Sciami’, che potete leggere online, per rendervi conto di quanto stia avanzando nel mondo dello spettacolo artistico la riflessione su questi problemi. Del resto, chi ancora frequenta i teatri, facilmente avrà avuto modo di notare come gli artisti più autentici, anche delle più diverse estrazioni, lavorino decisamente per sottrazione (di scenografia, di illuminotecnica, di costumi e così via) e abbiano quindi interiorizzato una scelta ecologica nello stesso linguaggio drammatico.

Ecco: perché la televisione, che è ancora un media di primaria importanza, non tiene in nessun conto del tempo in cui viviamo, così spudoratamente, già sul piano estetico stesso (che è di per sé anche etico, come ci insegna la filosofia)? Perché dovremmo tutti risparmiare corrente elettrica mentre lo spreco più sfacciato e inutile regna nella nostra grande casa di vetro televisiva? Una casa, oltretutto, in gran parte pagata dalle nostre tasse e nell’altra parte dal sovrappiù caricato a tutti i consumatori sul prezzo dei prodotti pubblicizzati.

Si noti che, nel particolare caso italiano, è alquanto strumentale l’eccesso di luce in gran parte dei programmi. Perlopiù malcela il processo naturale d’invecchiamento dei protagonisti di primo piano che occupano i palinsesti nelle principali fasce orarie. Un indiscutibile errore/orrore estetico (com’è noto, troppa luce acceca) viene ritenuto in particolar modo funzionale alla compensazione di ciò che non hanno ottenuto nemmeno gli esiti della chirurgia estetica sui volti di questo circo mediatico. Non va nemmeno dimenticato che il più delle volte la scena luminosa ed esagerata, con metri quadrati di monitor accesi buttati là ovunque, rispecchia soprattutto l’arroganza dei personaggi che vogliono mostrare la condizione di successo.

Nel teatro artistico sovente i maestri tanto diventano grandi quanto più amano mostrare di saper lavorare con poco o niente, una penombra, un ramoscello, un tappeto, un attore sottotono: esattamente al contrario, nella nostra televisione man mano che un personaggio fa carriera gli viene riconosciuto il diritto di sprecare di più. Nessuno ha un’idea di quanto costano e consumano davvero i nostri programmi, anche quelli che si presentano come intelligenti: sarebbe già interessante cominciare a capirlo. Magari si scoprirebbe la necessità anche solo di una piccola mossa, una legge alla francese sull’uso di luci ecologiche e sulla riduzione degli sprechi nello spettacolo come pure un gesto di buona volontà del servizio pubblico e/o dei grandi saloni televisivi.

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