“Chiediamo la piena collaborazione della Chiesa italiana a un’indagine indipendente, condotta da professionisti credibili e super partes, che faccia luce sugli abusi compiuti dal clero in Italia, che veda uniti gli sforzi di diverse e altissime professionalità e che utilizzi contemporaneamente metodi qualitativi, quantitativi e documentali”. È la richiesta rivolta alla Conferenza episcopale italiana (Cei) dal Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica – ItalyChurchToo, nato a febbraio scorso per chiedere “una Spotlight italiana” a nome delle vittime di abusi, del laicato cattolico, di istanze del dialogo interreligioso, della cittadinanza e di alcuni media sensibili. L’appello è contenuto in una lettera consegnata il 10 maggio scorso al presidente uscente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, a tutto l’episcopato italiano, al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, al prefetto della Congregazione per il clero, Lazzaro You Heung-sik, e al segretario generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale Mario Grech.

Le esperienze in Europa – Il documento viene reso pubblico nel giorno in cui si apre l’assemblea generale della Cei, chiamata a scegliere il nuovo presidente dell’episcopato italiano. Ma durante i lavori – che come ormai tradizione saranno aperti dal Papa – è prevista anche una comunicazione sulle attività e sulle proposte di contrasto agli abusi promosse dal Servizio nazionale per la tutela dei minori. Da mesi, infatti, la Cei discute sulla possibilità di avviare una commissione indipendente sulla pedofilia del clero anche in Italia, sulla scia delle esperienze analoghe realizzate all’estero. Per esempio la commissione Sauvè in Francia, che a ottobre 2021 ha consegnato un rapporto in cui stima 216mila vittime di abusi da parte di 3.200 sacerdoti a partire dal 1950. O il rapporto tedesco choc sull’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, retta dal papa emerito Benedetto XVI tra il 1977 e il 1981: almeno 497 vittime e 235 abusatori nel periodo 1945-2019. O ancora la commissione governativa che sarà istituita in Spagna dopo la maxi-inchiesta di El Paìs, che da sola ha svelato oltre trecento casi di abusi negli ultimi cinquant’anni. In questo senso da ItalyChurchToo mettono le cose in chiaro: “Rigettiamo anticipatamente qualsiasi ipotesi di lavoro condotto con strumenti e risorse interne alla Chiesa stessa, che non avrebbe le caratteristiche di terzietà necessarie e risulterebbe non credibile, carente e in ultima analisi inutile, se non dannosa”.

“Fino a un milione di potenziali vittime” – “Una vera commissione indipendente sarebbe rivoluzionaria, ma anche molto scomoda. Perché dimostrerebbe che l’Italia è il Paese col più alto numero di preti pedofili al mondo”, dice al fattoquotidiano.it Francesco Zanardi, 51 anni, sopravvissuto agli abusi di don Nello Giraudo – il parroco savonese condannato per violenze su minori – e presidente della Rete l’Abuso, l’associazione delle vittime del clero italiano. “Basta usare la statistica”, spiega: “In Francia i preti sono 22mila e la commissione ha individuato più di tremila pedofili e più di duecentomila abusi. Poiché in Italia i preti sono 52mila, in base a studi indipendenti è ragionevole pensare che i pedofili potrebbero essere il triplo, nove o diecimila. E gli abusati fino a un milione“. Domenica, sul sito di Rete l’Abuso, Zanardi ha criticato la recente partecipazione della Cei all’Osservatorio ministeriale per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia, definita “un lifting generosamente offerto dal governo italiano al clero”: “La pedofilia ecclesiastica non si può paragonare a quella delle persone comuni, perché è coperta da una gerarchia potente. Per questo l’Osservatorio non basta, ma serve una commissione d’indagine ad hoc composta da esperti qualificati, a cui partecipino anche rappresentanti delle vittime. E che sia seguita da una commissione parlamentare in grado di predisporre strumenti legislativi di prevenzione, ad esempio l’obbligo di denuncia per chiunque assista a un abuso, che già esiste in Francia, Germania e Svizzera”, afferma.

Aprire gli archivi – Le richieste del Coordinamento ai vescovi italiani sono in totale sette. “Chiediamo che siano aperti e resi disponibili gli archivi di diocesi, conventi, monasteri, parrocchie, centri pastorali, istituzioni scolastiche ed educative cattoliche; che siano posti in essere canali di fattiva collaborazione con le istituzioni dello Stato italiano perché i colpevoli di crimini contro i minori vengano perseguiti”, si legge nella lettera. “Non siamo disposti ad accogliere sinergie con istituzioni statali che non contemplino una seria indagine sul passato, un coinvolgimento diretto delle vittime e una riparazione proporzionata al danno arrecato. È necessario che le responsabilità personali dirette, così come omissioni e indebite coperture, causa di rivittimizzazione delle vittime, siano accertate e rese note, a tutti i livelli, ai fini di una corretta presa in carico delle conseguenze delle proprie azioni, alle quali tutte e tutti siamo chiamati”.

L’obbligo di denuncia – E ancora: “Chiediamo che si affronti il nodo critico della mancanza di terzietà dei centri diocesani di ascolto esistenti, elaborando una proposta alternativa che offra figure professionali neutrali e competenti, per rendere meno psicologicamente gravosa e più agevole e rigorosa la raccolta di storie e testimonianze. Chiediamo che le vittime e le loro famiglie siano ascoltate, accolte e risarcite, anche finanziariamente, per i danni biologici, psicologici, morali ed economici subiti, pur nella consapevolezza che nulla potrà mai compensare la sofferenza subita. E che siano contestualmente contemplati percorsi di assunzione di responsabilità degli autori di reato davanti alle vittime, in un’ottica di giustizia riparativa. Chiediamo l’applicazione rigorosa delle norme stabilite da Papa Francesco, in particolare contenute nel motu proprio Vos estis lux mundi, che sancisce in primo luogo l’obbligo, morale e giuridico, di segnalazione degli abusi ai danni di minori e di persone vulnerabili, o contro qualunque persona con violenza, minaccia o abuso di autorità”.

La prescrizione – Infine, il Comitato chiede ai vescovi di farsi “promotori dell’eliminazione dei termini di prescrizione per gli abusi, come già sta avvenendo in altri Paesi: la maturazione della coscienza dell’abuso richiede alle vittime, come ormai attestato anche in sede scientifica, tempi molto lunghi che fatalmente, oggi, rendono prescritta la maggior parte delle denunce”. Per Zanardi, l’estinzione di questi reati “è in contraddizione con la Convenzione Onu del sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza, ratificata dall’Italia: in media le vittime hanno tempi di reazione lunghissimi prima di denunciare, anche venti o trent’anni. Così le gerarchie ecclesiastiche sono incoraggiate a tenere nascosti i casi più a lungo possibile, e quando vengono alla luce i magistrati sono costretti a chiedere l’archiviazione”. Infine, la lettera chiede “di estendere anche al clero e al volontariato attivo nella Chiesa l’obbligatorietà del certificato antipedofilia, previsto dalla Convenzione di Lanzarote, adottata dal Consiglio d’Europa e ratificata dal Governo italiano, al fine di restituire maggiore trasparenza alle istituzioni ecclesiastiche”.

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