“Non c’è nulla di sconcertante. E’ da anni che esce questa circolare e il tema delle discriminazioni, anche sessuali, a scuola, lo affrontiamo ogni giorno, non una volta l’anno”. A rispondere alle polemiche sollevate da Fratelli d’Italia e dalla Lega di fronte alla nota del ministero dell’Istruzione scritta in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, non è il ministro Patrizio Bianchi, ma chi ogni giorno lavora con gli studenti: i dirigenti scolastici.

Sono loro che in queste ore hanno ricevuto la comunicazione, firmata dal direttore generale Maria Assunta Palermo, in cui “si invitano i docenti e le scuole di ogni grado, nell’ambito della propria autonomia didattica ed organizzativa, a creare occasioni di approfondimento con i propri studenti sui temi legati alle discriminazioni, al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”. Diciotto righe (compresi i saluti, la citazione dell’articolo tre della Costituzione e i ringraziamenti) che hanno sollevato l’ira del partito di Giorgia Meloni che ha definito la circolare “sconcertante” e annunciato interrogazioni alla Camera e al Senato.

Nessun preside, invece, sembra essere scandalizzato: “Sono stupita – spiega Cristina Costarelli, a capo del liceo Newton di Roma e numero uno dell’Associazione nazionale presidi della regione Lazio – da come certe cose possano fare così scalpore. Non è una novità, dai tempi della “Buona scuola” ci arriva questa circolare. E’ un tema su cui lavoriamo sempre. E’ una sensibilizzazione che avviene tutti i giorni, fa parte della vita della scuola. Quattro anni fa avevo una ragazza che è diventata ragazzo: sono questioni che si affrontano normalmente. La circolare non desta stupore, le scuole dove possibile avranno organizzato qualche iniziativa. Il tema sul quale è nata la polemica non nasconde alcuna ideologia a meno che qualcuno di esterno alla scuola lo voglia strumentalizzare”.

Per i dirigenti scolastici e i docenti parlare di omofobia, di transfobia o bifobia equivale a discutere e far riflettere i ragazzi su ogni forma di discriminazione o violenza che può avvenire nei confronti di chi ha una religione, una sessualità, una etnia differente dall’attuale maggioranza. Non c’è scuola secondaria dove non vi sia l’occasione per affrontare durante l’anno questi temi. Lo sa bene Pier Vincenzo di Terlizzi, dirigente a Pordenone dell’istituto Lino Zanussi e reggente del comprensivo di Porcia: “Guardi, le scuole sono sopraffatte da altri problemi. In ogni caso sono luoghi dove le cose della società si vedono, accadono che a noi piaccia o meno. Possiamo metterci i paraocchi ma non serve. I temi indicati nella circolare fanno parte di percorsi educativi non episodici. Nessuno si è scandalizzato: questi argomenti non si accendono con un on o off”.

A buttarla su un piano diverso è Roberta Mozzi, preside di lungo corso del Torriani a Cremona: “La scuola è esecutrice della Costituzione. Non dovrei aggiungere altro. Non a caso la circolare del ministero ha citato l’articolo tre della nostra Carta. E poi diciamola tutta, ci si dovrebbe preoccupare del fatto che spesso non abbiamo soldi per poter investire su progetti di lungo corso per fare iniziative contro ogni discriminazione. Invece di comprare le armi servono soldi alla scuola. In ogni caso ben vengano le dichiarazioni d’intenti. Sono un primo passo”.

Ma c’è anche chi, tra i presidi, preferisce non essere nominato perché su questo tema il clima è caldo: “Se la scuola va nella linea della valorizzazione dell’unicità e del rispetto è inevitabile parlare di questo argomento. Nelle aule ci confrontiamo con ragazzi che queste cose le vivono sulla pelle. Abbiamo bisogno di un dibattito non ideologizzato per rispondere a problemi di ogni giorno. La politica è staccata dalla realtà. E’ un problema di giudizi e pregiudizi. I ragazzi se ne fanno carico e chiedono di poterne parlare, non possiamo far finta che non c’è”.

Tra tutti c’è anche chi nemmeno ha fatto in tempo a leggere la circolare che aveva già sul tavolo una diffida da parte di un genitore. E’ accaduto a Giacomo Vescovini, preside di un comprensivo a Collecchio e Fornovo: “In un quadro di razionalità, la circolare del ministero non sarebbe niente di particolarmente eclatante e neanche tale da sollevare polveroni. Alla primaria il tema viene affrontato facendo riferimento al superamento di ogni forma di ghettizzazione in generale. Alla secondaria di primo grado, il discorso va fatto, ma con buon senso. Abbiamo ragazzi che vanno preparati perché molti di loro a undici-dodici anninon hanno gli elementi per far diventare il dibattito qualcosa di arricchente”. Tuttavia, non manca persino alle medie che qualcuno chieda una mano alla scuola: “All’inizio dell’anno – spiega Vescovini – uno studente ci ha chiesto aiuto perché alcuni suoi compagni avevano cominciato ad apostrofarlo con epiteti e siamo intervenuti in maniera educativa nella classe”.

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