di Giorgio Boratto

Per conoscere la Russia di Putin bisogna leggere un libro dall’omonimo titolo della giornalista Anna Politkovskaja del 2005. In quel libro – edito da Adelphi – si racconta delle vessazioni subite dal popolo russo dal potere corrotto.

Un primo resoconto del libro tratta l’istituzione ‘esercito’ cui Putin ha fatto rinascere con la guerra cecena. Le Forze Armate russe sono un potere avulso di carattere anarchico cui nessuno ha mai voluto intervenire. I soldati non contano nulla e diventano solo ‘carne da macello’ alla mercè di ufficiali che rubano di tutto: ai soldati i dieci rubli mandati dai genitori e allo Stato intere colonne di carri armati. Insomma l’esercito russo è un sistema paracarcerario; un campo di concentramento.

La guerra cecena ha poi dimostrato tutta la ferocia contro le vittime civili: con la scusa di terrorismo si sono perpetrati i maggiori crimini e il caso Budanov, descritto nel libro, racconta bene il sistema giudiziario russo nell’assolvere un criminale di guerra. Un sistema giudiziario non indipendente con verdetti pilotati dalla politica. Oggi ad esempio abbiamo il caso Alexei Navalny, condannato a 9 anni.

Con la scelta fatta nel 1991 del libero mercato e la corruzione abbiamo oggi in Russia la costruzione di una élite chiamata oligarchia che rappresenta un anello forte della catena di potere putiniano: una nuova nomenklatura che non ha paragoni in termini di ricchezza a quelle di stampo sovietico.

Le storie che si susseguono sono racconti di arricchimento, di delusioni, di arrampicate sociali, di gang che illustrano un popolo russo allo sbando. Esemplare è la storia dell’oligarca criminale Fedulev che iniziata come truffatore è arrivato, grazie alla corruzione di polizia e magistrati oltre ad un mercato azionario inesistente, ad ottenere grandi ricchezze e il potere di vedersi riconosciuto come benefattore da Putin.

Un capitolo è dedicato alla guerra cecena e viene ricordata la data del 26 ottobre 2002, quando venne sferrato un attacco con i gas contro tutti coloro che si trovavano all’interno di un teatro di Mosca preso in ostaggio dai terroristi. Putin non cercò nessun compromesso per salvare qualcuno e da quel momento incrementò il suo potere. La guerra in Cecenia gli valse il riconoscimento internazionale per la lotta contro il terrorismo… il suo cinismo pagò. Dopo, nel 2004, ci fu l’atto terroristico di Beslan: uno dei più atroci della storia e qui si compie l’apoteosi del regime di Putin.

Nel finale del libro ecco cosa scrive la Politkovskaja su Putin: “Ancora poche ore, e il 7 maggio del 2004 Putin, tipico tenente colonnello del K.G.B. sovietico con la ‘forma mentis’ – angusta – e l’aspetto – scialbo – di chi non è riuscito a diventare colonnello, con i modi di un ufficiale dei servizi segreti sovietici a cui la professione ha insegnato a tenere sempre d’occhio i colleghi, quell’uomo vendicativo (alla cerimonia di insediamento non è stato invitato nessun rappresentante dell’opposizione o di qualunque partito che non sia in completa sintonia con il suo), quel piccoletto che ci ricorda così da vicino l’Akakij Akakievic gogoliano in cerca del suo cappotto, tornerà a insediarsi sul trono. Sul trono di tutte le Russie”.

Dopo aver documentato tutto questo marciume Anna Politkovskaja è stata assassinata a Mosca Il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno di Vladimir Putin.

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