Ci sono medici di serie A, che lavorano negli ospedali pubblici. E colleghi delle strutture private accreditate al servizio sanitario nazionale che si sentono trattati come medici di serie B: hanno un contratto che non viene rinnovato da oltre dieci anni e stipendi inferiori a quelli del pubblico anche del 40%. “Eppure il lavoro è lo stesso e nel periodo di emergenza pandemica abbiamo curato i pazienti Covid allo stesso modo”, dice Carmela De Rango, segretaria nazionale della Confederazione italiana medici ospedalità privata (Cimop). L’organizzazione sindacale ha appena proclamato uno stato di agitazione che potrebbe portare a una serie di scioperi il mese prossimo. Il tentativo è di disincagliare una situazione bloccata dall’ottobre 2020, quando dopo un percorso di definizione del nuovo contratto che aveva coinvolto anche le associazioni datoriali, l’accordo era stato firmato solo dalla Aris, l’associazione degli istituti socio-sanitari di carattere religioso. Nessuna firma invece dalla Aiop, l’associazione italiana dell’ospedalità privata, che in Italia rappresenta 577 strutture accreditate, nelle quali lavorano 4.770 medici con contratto di lavoro dipendente.

Gli scarti retributivi e di carriera – “Così in gran parte degli ospedali privati a carattere non religioso scontiamo ancora una differenza retributiva che porta un medico al primo ingresso a guadagnare meno di 40mila euro lordi contro i 62mila del pubblico. Mentre per le posizioni di vertice si passa dai 64mila euro del privato ai 106mila del pubblico”, spiega De Rango. “E oltre all’aspetto economico, subiamo una mancata equiparazione dal punto di vista dei titoli di carriera: chi lavora negli ospedali privati, a meno che non siano Ircss, non acquisisce i titoli per partecipare ai concorsi pubblici per i ruoli apicali, come quelli di primario”. Condizioni che rendono meno attrattivi i posti nel privato rispetto a quelli nel pubblico, tanto che gli ospedali privati si trovano sempre più in difficoltà a trovare medici da assumere.

L’Aiop nazionale: “Migrazioni a doppio senso”… – Non è un caso che l’Aiop abbia salutato con soddisfazione l’approvazione di una norma del decreto Ucraina che consente di far lavorare in Italia medici e infermieri arrivati da Kiev. Ma la presidente di Aiop Barbara Cittadini, contattata da ilfattoquotidiano.it, nega che le difficoltà a trovare personale derivino anche da differenze contrattuali: “C’è chi preferisce lavorare nella componente di diritto pubblico del servizio sanitario nazionale e chi nella componente di diritto privato, ci sono migrazioni in un senso e nell’altro”. Del resto Cittadini, in un’audizione in Senato dello scorso febbraio, ha ricondotto la carenza di personale medico e infermieristico, sia nel privato che nel pubblico, a un più generale problema “risultato di una programmazione poco lungimirante o legato alle risorse disponibili”. E per questo ha chiesto di prorogare a fine 2024 la possibilità di far lavorare temporaneamente in Italia medici extracomunitari (che dunque non possiedono titoli equipollenti): una facoltà introdotta durante l’emergenza Covid e in scadenza a fine anno.

…ma quella lombarda: “Esodo verso il pubblico” – Ma il fenomeno che Cittadini non ammette a livello nazionale – cioè la migrazione di medici dagli ospedali privati a quelli pubblici – è evidente in alcune regioni. Ad esempio in Lombardia, dove l’Aiop regionale, che tra i suoi associati ha il gruppo San Donato, ha presentato a inizio marzo in Commissione Sanità al Consiglio regionale un documento che indica come cause della carenza di personale non solo i pensionamenti e la migrazione verso altri paesi Ue, ma anche la “riapertura dei concorsi nell’ospedalità pubblica”. E mette nero su bianco questo concetto: “Stiamo assistendo a un esodo verso l’ospedalità pubblica, con conseguenze sull’ospedalità privata accreditata a contratto (…) con conseguenza sulla possibilità di soddisfacimento dei bisogni di salute”. È anche per questo che in audizione al Pirellone Dario Beretta e Cristian Ferraris, rispettivamente presidente e direttore generale di Aiop Lombardia, hanno chiesto alla Regione di attivarsi col ministero perché si arrivi ad accordi di equipollenza dei titoli con paesi del Sud America e del Nord Africa.

I motivi del mancato rinnovo – Ma se l’Aiop ha bisogno di più medici, perché non aumenta gli stipendi? “Non siamo nelle condizioni di poter rinnovare un contratto se le tariffe non sono state rivalutate e sono ferme da anni”, risponde Cittadini riferendosi ai rimborsi che le Regioni riconoscono agli ospedali per le prestazioni effettuate in regime di servizio sanitario nazionale. “Quando nel 2020 il rinnovo è stato fatto per il personale non medico, lo Stato si è fatto carico del 50% degli aumenti e noi dell’altro 50%”, aggiunge, buttando la palla nel campo del ministro della Salute Roberto Speranza. “Nessuno nega che una logica ci sia, ma non capisco una cosa”, ribatte De Rango del Cimop. “Perché questa pregiudiziale non l’hanno posta due anni fa quando abbiamo definito l’accordo che poi non hanno firmato? Accordo che tra l’altro prevedeva di coprire solo la metà della differenza tabellare rispetto ai contratti nel pubblico, proprio perché il governo questa volta non si sarebbe fatto carico di nulla”. In attesa che il tavolo aperto da mesi al ministero della Salute porti a qualche risultato, i medici di molti ospedali privati non religiosi si preparano a scioperare.

@gigi_gno

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