Una ventina di anni dopo essere stato arrestato per calunnia ai danni di un giovane pm di Napoli, Raffaele Cantone, che aveva indagato su una compagnia di assicurazioni greca a lui riconducibile, l’avvocato napoletano Lucio Varriale è stato di nuovo arrestato per calunnia contro i magistrati che hanno indagato su di lui. Stavolta si tratta del procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo e del pool di procuratori aggiunti e pm che nel 2018 chiesero e ottennero l’arresto e poi il rinvio a giudizio di Varriale per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale. Accuse ruotanti intorno alla gestione di Julie Tv, emittente di cui Varriale era editore di fatto, e poi fallita. C’è un processo in corso, la sentenza non è vicina.

La differenza è che allora i dossier contro Cantone erano anonimi. Per risalire all’origine ci vollero indagini e verifiche. Stavolta invece Varriale aveva preso l’abitudine di attribuirsene la paternità. Dal 2020 spamma le caselle di posta elettronica di avvocati, magistrati e giornalisti con e-mail a ripetizione piene di allegati. E-mail in cui denunciava l’esistenza di una presunta cupola giudiziaria, composta a suo dire da magistrati, ex magistrati diventati avvocati, avvocati infedeli e alleati dei procuratori, finanzieri in mala fede, giornalisti “zerbini delle procure”. Uno di questi dossier fu inviato dalla pec di uno dei suoi legali, ma era un’eccezione: quasi tutti provenivano da indirizzi email che portano il suo nome. L’ultimo invio risale a qualche giorno fa.

I dossier di solito riportano titoli sensazionalisti ed agganciati ai fatti di cronaca del momento. Per dire: da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina, Varriale in questi fogli paragona Melillo a Putin. Ha spedito una mail il 4 marzo – la citiamo a mo’ di esempio – in cui scriveva: “Prendiamo esempio dagli Ucraini e combattiamo il nostro Putin. Tutte le rappresaglie ricadranno sulla vostra coscienza ed onorabilità”. In allegato, un pdf di 62 pagine, un collage di fotocopie di pezzi di giornali, fotografie, disegni, schemi attaccati per costruire una tesi. Titolo: “Bilancio Sociale della Procura Napoli: i massacri di Putin-Melillo contro imprese e cittadini innocenti”. Tra i vari casi citati, lui si riteneva uno di quelli, attribuendo il fallimento di Julie alla malafede della Procura di Napoli.

In questo pdf, come in altri, Varriale inseriva la copia dei frontespizi, o in qualche caso l’intero testo, delle sue denunce contro Melillo, altri pm di Napoli, ufficiali della Guardia di Finanza, e giornalisti, tutte trasmesse alla Procura di Roma, competente per le ipotesi di reato attribuibili a magistrati che lavorano nel distretto di Napoli. E così i pm romani, nel nome dell’obbligatorietà dell’azione penale, hanno raccolto le denunce e ci hanno lavorato sopra. L’esito non è stato quello sperato per l’avvocato-editore. I pm hanno ritenuto le denunce di Varriale totalmente infondate. E ne hanno ottenuto l’arresto per diffamazione e calunnia.

La mattina del 7 aprile, alla notifica del provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari, Varriale ha minacciato il suicidio. Questa la ricostruzione dell’agenzia Ansa: “Il professionista per protestare contro quella che da tempo definisce una persecuzione ai suoi danni, si è sporto su un terrazzino che si trova al settimo piano di un edificio dell’isola F10 e a chiunque si avvicinasse intimava l’alt. Solo grazie all’intervento del presidente dell’Ordine degli Avvocati Antonio Tafuri, l’unico al quale Varriale ha consentito di avvicinarsi, è stato possibile tranquillizzare il professionista che però continuava a minacciare l’insano gesto di lanciarsi nel vuoto”.

Varriale – che aveva al collo una sciarpa del Napoli – alla fine ha desistito. La polizia giudiziaria, oltre alla consegna dell’ordinanza, emessa su richiesta del pm di Roma Carlo Villani, ha proceduto alla perquisizione e al sequestro di personal computer e cellulare dell’avvocato. Poche ore dopo il suo difensore, Claudio La Rosa, ha diramato una nota stampa firmata “avv. Lucio Varriale”. Si legge, tra l’altro: “L’avv. Varriale ritiene che il provvedimento sia contestuale e conseguente ad alcune sue pubblicazioni nei confronti del procuratore capo di Napoli, Giovanni Melillo. Atti che avrebbero potuto intralciare la nomina dello stesso a procuratore della Direzione Nazionale Antimafia”. E poi: “L’avv. Varriale si aspetta che l’opinione pubblica prenda posizione sulla questione, non essendovi alcuna differenza tra il sistema di Putin e quello della procura di Napoli, applicato per sopprimere la libertà di opinione”. Nemmeno l’arresto lo ha fermato.

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