Il 20 gennaio scorso, Janna Gommelt, 25enne tedesca, è morta vicino l’Havana Beach, uno stabilimento balneare di Focene. Ad assisterla c’era il fidanzato Michael Douglas. Circa un’ora prima, il 34enne irlandese aveva provato a chiamare il 118 dopo che la ragazza aveva perso i sensi. Sono le 15.39. “Mi hanno subito messo in attesa per trovare un operatore in grado di parlare inglese – spiega Douglas a Repubblica -“poi, sempre faticando nelle comunicazioni, mi è stato detto di tenere acceso il gps così che l’ambulanza ci potesse trovare”. Dopo averlo attivato, Douglas ha chiesto di essere richiamato se ci fossero stati problemi nel rintracciarli.

La conversazione dura 10 minuti e 24 secondi. L’ambulanza però non si vede e il telefono del giovane irlandese non squilla. “Alle 16.10, quando ho visto che l’ambulanza non arrivava, ho ritelefonato“, prosegue Douglas. Nel corso della seconda telefonata, lunga altrettanti 10 minuti, Douglas ha dialogato inizialmente con “un operatore che non parlava inglese“. Non vedendo arrivare nessuno nel parcheggio dove si trovava il Ford Transit bianco, con cui la coppia stava viaggiando da due mesi in giro per l’Europa, Douglas si è messo al volante per cercare gli operatori sanitari: “Alla fine li ho trovati, praticamente per caso, mentre ci cercavano sulla spiaggia, a quattro strade di distanza dal punto dove eravamo”.

Caricata la donna, l’ambulanza è partita dopo 15 minuti in direzione dell’ospedale Grassi di Ostia. Per capire cosa fosse accaduto alla sua fidanzata, Douglas, secondo il suo racconto, ha dovuto attendere le 22.30, quando un furgone ha portato il corpo della donna in obitorio. Prima di venire a conoscenza, in modo indiretto, della morte di Gommelt, il 34enne è stato sottoposto a un interrogatorio da parte di quattro carabinieri: “Mi hanno interrogato per 6 ore con Google Translate. Non mi hanno mai fatto parlare con un medico o un infermiere per sapere cosa fosse successo”, ricorda.

A distanza di due mesi e mezzo, Douglas non riesce a capacitarsi dell’accaduto. “Risentire quell’audio mi ha spezzato il cuore. Ed è terribile che ora io venga accusato di aver detto cose non vere”. L’audio in questione è quello allegato dall’assessorato alla Sanità della Regione Lazio, in replica all’articolo di Repubblica, “Il 118 non parla inglese”. Si tratta dei primi 2 minuti della conversazione telefonica tra Douglas e gli operatori del 118. Il resto è stato tagliato. Eppure, stando al comunicato della Regione la “telefonata [è] durata circa due minuti. Il contenuto audio concesso dalla centrale operativa viene, per trasparenza, integralmente allegato”.

Una versione dell’episodio è stata riportata anche dalla direzione di Ares 118, l’azienda regionale della salute: “Non corrisponde assolutamente al vero che ci sia stato un problema di barriera linguistica con l’utente: la chiamata è stata passata in centrale operativa 118 da parte del NUE 112 alle ore 15.41 (e i due minuti di audio integrali senza tagli sono stati resi disponibili dalla Centrale operativa del 112), con l’attivazione contestuale del servizio di interpretariato. Il personale di centrale ha dunque risposto alla chiamata dell’utente con l’interprete già in linea”, comunica in una nota l’azienda. “Il triage telefonico è stato particolarmente approfondito ed è oggetto dell’audit da parte della Direzione regionale Salute i cui risultati verranno resi noti non appena disponibili. Dai tabulati in nostro possesso risulta che, dalla fine della chiamata all’arrivo sul posto di ambulanza e automedica, sono trascorsi 18 minuti. I mezzi sono stati correttamente inviati dove l’utente aveva riferito di trovarsi ma, all’arrivo sul posto, le equipe sanitarie non hanno trovato nessuno, dal momento che l’uomo aveva deciso autonomamente di spostarsi”, conclude la nota.

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