C’è una partita che Viktor Orbàn, il premier ungherese confermato ieri per il suo quarto mandato consecutivo, ha perso: quello del referendum sulla legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori. Una sfida che Orbàn ha perso perché la consultazione, avvenuta nello stesso giorno delle elezioni politiche, non ha raggiunto il quorum di partecipazione, come auspicato dalle associazioni dei diritti umani. Per la prima volta, tra l’altro, in Ungheria elezioni e referendum si tenevano nello stesso giorno. La legge approvata a giugno 2021 vieta di mostrare ai minori qualsiasi contenuto, che ritragga o “promuova” l’omosessualità o il cambio di sesso. Ed è valsa all’Ungheria l’avvio di una procedura d’infrazione Ue. La legge era stata definita “vergognosa” dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

“Un referendum folle” l’aveva definito Áron Demeter, attivista di Amnesty Ungheria, tra le 13 associazioni che hanno organizzato una campagna per invalidare il voto. “Credo ci siano buone possibilità che il referendum sia invalidato, l’Ungheria è molto più progressista di quanto possa apparire in superficie” aveva aggiunto Demeter. Le associazioni avevano denunciato che le leggi contro le comunità Lgbt hanno avuto l’effetto di sdoganare l’omofobia e la transfobia, facendo aumentare i reati d’odio denunciati. “Nei giorni scorsi – spiega Áron – una coppia di lesbiche è stata aggredita a Budapest, sul tram, da un ragazzo che le ha minacciate con un coltello. A Pécs, città al confine meridionale, la scorsa estate una coppia gay è stata quasi uccisa in strada perché si teneva per mano. E potrebbe andare peggio: la legge su cui si vota oggi è simile a quella approvata in Russia nel 2013: da allora il tasso di suicidi nelle comunità Lgbt è aumentato”.

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