Giovanni Lizza, presidente della Pubblica Assistenza di Lugo, ha deciso di non reintegrare nell’organico dell’associazione una giovane donna che ha ottenuto la condanna di un uomo che la molestò nel 2019. L’autore delle molestie era un membro del consiglio direttivo della stessa Pubblica Assistenza nonché (ahinoi) un sindacalista che ha pagato care le sue azioni con la condanna in primo grado a tre anni di carcere pronunciata dal tribunale di Ravenna il 21 febbraio scorso. Le testate locali hanno scritto che l’uomo “era un tipo chiacchierato, incline al commento sessista e talvolta con la mano pronta ad azzardare confidenze tutt’altro che gradite”, nel corso degli anni altre volontarie (almeno due) avevano preferito non denunciarlo.

Il presidente della Pubblica Assistenza, che all’epoca della denuncia si comportò correttamente sospendendo dall’incarico il consigliere, oggi si appella a un bizzarro senso di prudenza che ha il sapore dell’ignavia e respinge la richiesta della giovane volontaria di tornare a prestar servizio sulle ambulanze. Una scelta punitiva che nulla ha a che vedere con “l’onestà intellettuale” tirata in ballo dal presidente, suscitando molte polemiche oltre a una dura presa di posizione del Centro antiviolenza Demetra (di cui faccio parte) che ha stigmatizzato tale decisione.

Giovanni Lizza ha dichiarato che “la ragazza non è stata respinta e noi siamo già stati danneggiati molto da questa situazione; l’abbiamo solo messa in standby prima che la vicenda venga chiarita definitivamente. Prima di accettare qualcuno guardiamo che non abbia vertenze legali in atto, non vogliamo volontari che potrebbero mettere zizzania nell’associazione”. La toppa è peggio del buco ed è cucita con l’ignavia.

Non si può mettere sullo stesso piano la vittima e l’autore di un reato e assumere una posizione di equidistanza davanti a situazioni che non sono affatto equiparabili: da una parte, il dirigente di un’associazione che approfittando della sua posizione ha violato la legge andando incontro a una condanna e, dall’altra, una giovane donna che ha subìto molestie. Se al posto di un vittima di molestie sessuali ci fosse stato un volontario vittima di furto o di percosse da parte di un collega, sarebbe stato lasciato in standby?

Nel film Sotto accusa, interpretato nel 1988 da Jodie Foster, si denunciava come la violenza sessuale fosse l’unico reato che impegna la vittima a dover dimostrate la propria innocenza. Chi subisce violenza, che si rivolga all’autorità giudiziaria o che scelga di non farlo, ha bisogno di cura, ovvero di sostegno e di orecchie e porte aperte, ma lo stigma della colpa pesa ancora sulle spalle delle donne che pagano un prezzo per aver svelato l’indicibile invece di tacere. In un ordine costruito su gerarchie di potere, lo svelamento di abusi, prevaricazioni e violenze non premia affatto.

Quale “zizzania” potrebbe portare questa giovane nell’associazione dove svolgeva volontariato e sognava di trovare lavoro? La posizione di neutralità adottata dal presidente della Pubblica Assistenza lughese umilia, ancora una volta, una donna che è già stata umiliata dalle molestie. Si chiama vittimizzazione. L’opposto della vittimizzazione è la riparazione, che si realizza con il riconoscimento del danno: le vittime possono trovare riparazione nei tribunali ma anche nella collettività, perché non possono essere solamente i Centri antiviolenza le oasi dove si accoglie e si offre ascolto ed empatia.

Abbiamo sensibilizzato le giovani generazioni sul problema della violenza contro le donne, abbiamo spiegato loro cos’è la violenza sessuale e cosa sono le molestie; le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le Pari Opportunità o dal Ministero degli Interni incoraggiano le donne a rivolgersi all’autorità giudiziaria e quando questo avviene si chiudono loro le porte in faccia? Se questa donna avesse scelto di non denunciare? C’è bisogno di un terzo grado di giudizio per empatizzare e sostenere le vittime?

Caro presidente Lizza, sulla violenza contro le donne non si temporeggia e non si prendono posizioni ipocrite.

@nadiesdaa

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