Mentre gran parte delle multinazionali annuncia l’addio al mercato russo temendo contraccolpi sulla reputazione dei marchi, Kiev chiede ai consumatori globali di boicottare i 50 gruppi che non hanno sospeso le attività. Nella lista ci sono, tra gli altri, Auchan, Bosch, Burger King (a differenza di McDonald’s), Citi, Michelin, Miele, Pzifer, Salvatore Ferragamo, Sanofi, Stellantis e Unicredit, che in Russia controlla Unicredit Bank e pochi giorni fa ha fatto sapere che anche nello “scenario estremo” di mancato recupero dell’intera esposizione l’impatto sui conti sarebbe gestibile. Non viene citata Intesa, che a sua volta ha una controllata in Russia.

Nella notte italiana anche le compagnie giapponesi Sony ed Epson hanno fatto sapere di aver lasciato la Russia. Sony ha fermato le vendite delle Playstation e dei propri software, Epson sospende l’export verso Mosca e la Bielorussia. Google dal canto suo ha sospeso l’acquisto di applicazioni su Google Play per gli utenti della Federazione Russa. Gli utenti russi non potranno acquistare nuove applicazioni o rinnovare abbonamenti a quelle già acquistate. “Nei prossimi giorni sospenderemo il sistema di pagamento di Google Play per gli utenti in Russia”, si legge nel messaggio.

Mosca, davanti all’emorragia, ha risposto con la minaccia di nazionalizzare le società che fermano le operazioni. La proposta arriva da Andrei Isayev, parlamentare di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, secondo cui la mossa sarebbe giustificata dalla necessità di tutelare l’occupazione, duramente colpita dallo stop a fabbriche, filiali e negozi stranieri. “Stiamo parlando di centinaia di migliaia di posti di lavoro“, tenendo conto delle imprese collegate, ha affermato il deputato per il quale “nella situazione attuale, il mantenimento dell’occupazione è uno dei compiti più importanti”. Isayev – vice segretario del partito di Putin – ha sottolineato come i dipendenti delle aziende chiuse “dispongono di tutte le tecnologie necessarie e le materie prime e i componenti necessari, di regola, vengono prodotti anche nella Federazione Russa”. Cosa quantomeno dubbia visto che le fabbriche russe stanno iniziando a fermarsi per mancanza di componenti. Cosa che potrebbe aggravarsi una volta che sarà approntata la lista di Paesi con cui Putin non intende più avere rapporti commerciali. Certo, “così colpiremmo i diritti di proprietà di queste imprese”, ha riconosciuto Isayev, “ma impedendo che queste danneggino i loro dipendenti, i loro clienti, o loro fornitori e le società collegate”. Non basta: “Il governo russo dovrebbe utilizzare il diritto di ignorare la legge sui brevetti e il diritto alla proprietà intellettuale di questo tipo di organizzazioni”.

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