Cultura

Nadya Tolokonnikova delle Pussy Riot raccoglie quasi 6 milioni di euro per l’Ucraina con l’NFT della bandiera del Paese invaso da Putin

La versione digitale del vessillo giallo e blu è stata acquistata da un gruppo di donatori per 2250 ethereum (una criptovaluta). In tutto, dopo un appello del governo di Kiev, sono stati raccolti oltre 50 milioni di dollari in moneta digitale e quasi il 10 per cento sono stati ottenuti con vendite di opere d'arte in Nft

di Marco Ferri

L’arte può aiutare la resistenza del popolo ucraino contro l’invasore russo? Certo che può. Soprattutto quella digitale, capace di generare transazioni da capogiro. Non a caso, infatti, l’autorevole Washington Post l’ha già definita “la prima guerra crittografica del mondo”, poiché il denaro che circola non è moneta contante e sonante, bensì criptovaluta. E proprio in seguito a un appello del governo di Kiev lanciato su Twitter, fino a ieri erano stati raccolti oltre 54 milioni di dollari in criptovalute (come bitcoin e ethereum), quasi il 10 per cento dei quali ottenuti dalle vendite di opere in Nft, cioè digitali.

Una delle più eclatanti di queste riguarda una versione digitale della bandiera ucraina che il 2 marzo un gruppo di donatori si è aggiudicato per la cifra di 2.250 ethereum (pari a 5 milioni e mezzo di euro). L’opera era stata messa all’asta dall’Ucraine Dao, raggruppamento di attivisti singoli e organizzati ma senza autorità centrale, che ha tra i fondatori anche Nadya Tolokonnikova, componente delle Pussy Riot, gruppo di attiviste russe politicamente impegnate, da un decennio autrici di provocazioni e performance clamorose, soprattutto in chiave anti-Putin.

Appena qualche giorno fa, in un’intervista rilasciata al sito web di Rolling Stones, la stessa Tolokonnikova affermava che “nell’ultimo anno ho lavorato molto con criptovalute e Nft, stiamo organizzando il cosiddetto Pussyverse. È un’organizzazione e un movimento di persone che vogliono più uguaglianza nel mondo dell’arte digitale. Stiamo raccogliendo un sacco di denaro, vogliamo usarlo per comprare opere dalle donne e dagli artisti LGBTQ+ che si occupano di digitale, così da alzare il valore del loro lavoro. Quando è arrivata la notizia devastante dell’invasione dell’Ucraina, la prima reazione è stata cercare un modo per aiutarli come possibile, così ho organizzato Dao con alcuni amici”. E aggiungeva: “Il vantaggio delle cripto è che non hanno confini e non servono permessi. Nessuno può fermarle, neanche nelle zone di guerra. Se hai una connessione internet, hai anche accesso ai fondi”.

Come si legge sull’annuncio dell’asta di Ucraine Dao, i soldi ricavati dalla vendita della Nft sono destinati a Come Back Alive, “una delle iniziative di beneficenza e volontariato ucraine più efficaci e trasparenti” per la distribuzione di cibo, forniture mediche e altri servizi necessari ai civili e all’esercito ucraino. Tra l’altro, l’asta non ha interrotto le donazioni, che sono in corso e vengono ancora accettate.

E se da un lato, grazie all’iniziativa lanciata dalla rivista Time e dal più vasto marketplace di opere digitali – Opensea NFT -, l’artista newyorkese Olive Allen, di origine russa, mette all’asta un pezzo intitolato НЕТ ВОЙНЕ (No alla guerra) insieme a quelli di altri 58 artisti, dall’altro si moltiplicano in rete le iniziative che vedono protagoniste le NFT per la raccolta fondi (ovviamente in criptovaluta) da destinare all’Ucraina: da quella del sito web Youthquake.it che vede protagonista l’artista di NFT pan_danil a quella di un ignoto donatore di 1,86 milioni di dollari che “sembra aver avuto origine”, ha scritto la società di analisi blockchain Elliptic, dalla collezione NFT Censored creata dall’artista digitale Pak e dal fondatore di Wikileaks, Julian Assange.

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