Giudicare i fatti della storia con le categorie della morale (bene/male, giusto/sbagliato), sarebbe come pretendere di valutare i programmi e i personaggi televisivi in base al criterio della qualità. Nel caso della storia, infatti, a contare sono gli interessi e gli scopi dei singoli, oltre naturalmente ai rapporti di forza tra chi è titolare dei suddetti interessi. Allo stesso modo, nel caso della programmazione televisiva, non è più da un bel pezzo la qualità a decidere le sorti di una trasmissione, ma la sua capacità di fare audience. Se Cicerone ci ha spiegato che la storia è “maestra di vita”, soltanto Hegel è stato capace di svelarci il contenuto della lezione di tale maestra: e cioè che l’uomo non ha mai imparato niente dalle lezioni della storia. Per esempio non ha mai imparato che a scrivere la storia sono i più forti, i vincitori. Gli stessi che, oltre ad aver vinto, intendono anche dimostrare perché è stato giusto che abbiano vinto loro e che il “bene” abbia trionfato sul “male”.

Del resto, non è un caso che si sia dovuta aspettare la seconda metà del Novecento (e l’ottimo libro di David Stannard, L’olocausto americano), per scoprire che i cattivi non erano i Pellerossa, malgrado tagliassero teste e stuprassero le donne bianche. O che gli italiani non sono mai stati “brava gente”, diversi dagli altri colonizzatori che hanno sfruttato, stuprato donne o usato armi chimiche contro etnie inermi (stavolta mi riferisco al bel libro di Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?). Ma vogliamo parlare di Hitler, grande estimatore degli Usa (il primo “stato razziale” della storia, a cui il Führer si è ispirato per molteplici motivi)? O degli stessi Stati Uniti, i primi a internare in campi di concentramento persone di origine orientale, per di più marchiandole con la famigerata stella gialla (che poi Hitler avrebbe riutilizzato per bollare gli ebrei)?

Oppure, ancora, vogliamo ricordare che se l’Unione Sovietica svelò al mondo le brutalità del comunismo realizzato, il Cile di Pinochet ci raccontò le tragedie immani a cui va incontro una politica che si sottomette alla finanza (ma in questo secondo caso la cosa fu messa a tacere per decenni)?

Coloro che pensano di poter comprendere i fatti della storia e della politica attraverso le categorie di “bene” e “male” sono i capi degli stati aggressori in cerca di legittimazione; i politici in cerca di voti; gli opinionisti in cerca di like e, infine, gli ingenui che manifestano in vario modo per la “pace”. Questi ultimi in cerca non si sa bene di cosa, visto che non c’è nulla di più irrealistico della pace nel mondo degli uomini, lo stesso in cui si è combattuto un grande conflitto ogni dieci anni lungo tutto il corso della storia. Perfino Gandhi – eroe per eccellenza dei pacifisti – incoraggiava inglesi e francesi a colonizzare neri e africani, sostenendo che dovevano lasciare in pace gli indiani poiché questi appartenevano alla “razza ariana” (lo stesso Gandhi che fece il reclutatore di soldati indiani per l’Inghilterra durante la I guerra mondiale).

Se a tutto questo aggiungiamo che a risultare vittime delle narrazioni moralistiche sono i più deboli, possiamo farci un quadro più chiaro della guerra fra Russia e Ucraina. Un popolo, quello ucraino, che già ai tempi di Hitler e Stalin vedeva il più alto tasso di mortalità al mondo, poiché sia Berlino che Mosca lo consideravano un bacino irrinunciabile di ricchezze naturali. Lo stesso popolo che oggi è vittima di due narrazioni ideologiche: quella di Putin, certo, che accampa una storicamente fallace identificazione fra Ucraina e Russia; ma anche quella della Nato, a cui il controllo dell’Ucraina fa comodo poiché le consente di portare le sue basi e cannoni fino al confine con la Russia.

Aggiungiamo pure che per entrambe – cioè la Russia di Putin e la Nato – l’Ucraina è terra di ricchezze, gasdotti e sbocco sul mare nell’Europa centro-orientale, e possiamo avere un quadro completo. A bilancio di tutto questo, non dico che non ci si debba schierare. Sarebbe sciocco e pericoloso. Dico soltanto che l’unico motivo realistico per cui schierarsi contro Putin non riguarda il suo essere equiparabile a Hitler o a un dittatore folle (stupidaggini per folle instupidite), bensì il nostro scegliere di vivere in un mondo privilegiato e democratico come il nostro (se lo segnino, no-vax e complottisti vari). Non so chi mi legge, ma per quanto mi concerne preferisco vivere sotto l’egida degli Usa piuttosto che della Russia, anche se la prima perseguita Julian Assange perché ha svelato (fra le altre cose) le brutalità commesse nelle guerre dal Pentagono.

Quindi sì, so con chi schierarmi, ma per favore senza moralismi, estremismi o pagliacciate di piazza. Con una preghiera laica per le vittime e con un’unica speranza: che questa folle e costante inclinazione dell’uomo a farsi la guerra stavolta non ci faccia piombare in un conflitto nucleare. Perché in questo caso perderemmo tutti, scoprendo che le nostre morali da quattro soldi sono stracci inutilizzabili per ripulire la parete della storia.

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