Ho conosciuto Nicola Mattoscio – professore universitario di economia nelle università di Chieti-Pescara e di Roma – perché la Fondazione bancaria Pescara Abruzzo, che egli presiede, ha accolto nelle proprie strutture la Fondazione Brigata Maiella, facendo sì che fosse tenuta costantemente viva la memoria della formazione partigiana (la sola decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare), di cui mio padre, Ettore Troilo, fu il fondatore e il comandante. La visita del presidente Mattarella a Casoli, dove la Brigata nacque, e allo splendido Sacrario di Guerra che sorge alle pendici della “montagna madre” è stata una delle più importanti manifestazioni in onore di una formazione che altrimenti avrebbe rischiato di cadere nell’oblio.

Ora Mattoscio ha pubblicato un libro, L’Italia unitaria tra questione meridionale ed Europa – editore Franco Angeli, pagine 102, euro 19 – che fin dal titolo dimostra la volontà dell’autore di dimostrare che solo una grande fede europeista può consentire all’Italia, e soprattutto al Mezzogiorno, di recuperare il ritardo rispetto a molti paesi dell’Europa.

Sul piano generale delle politiche economiche, Mattoscio richiama – tra l’astratto laissez faire e un incauto interventismo statale – il sistema di economia mista che ha portato l’Italia agli anni del “miracolo economico” (come capo ufficio stampa dell’IRI negli anni Sessanta e Settanta ho vissuto da un osservatorio privilegiato quello che fu definito come il “miracolo economico italiano” e ho visto delegazioni dei maggiori paesi europei venire in Italia a studiare la “formula IRI” per poi riprodurla in patria).

Uno dei temi principali del libro è la strategica posizione geografica (Mattoscio ci mostra come questa fosse già chiara a Cavour, che sintetizzava così la “questione italiana”: “Pour sa position au centre de la Mediteranée l’Italie parait destinée rattracher l’Europe à l’Afrique”). Una opportunità che solo in parte è stata colta dai governi italiani, come ho avuto modo di riscontrare quando – come capo ufficio stampa del Ministro del Commercio Estero – ho visitato molti paesi dell’Africa riscontrando le innumerevoli opportunità non colte dall’Italia.

L’altra grande questione che sta a cuore all’autore è la “questione meridionale”, di cui all’IRI ho avuto modo di comprendere le dimensioni e la gravità e – ad un tempo – le troppe occasioni perdute dalle regioni del nostro Sud, spesso per l’ostinazione delle classi dirigenti locali su progetti concretamente irrealizzabile come il famoso (e insensato) Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro a sostegno del quale nacque addirittura, in Calabria, un movimento politico neofascista.

Mattoscio dedica un ampio spazio prima alla unificazione nazionale e poi all’ingresso dell’Italia nella CEE, fornendo una serie di cifre che dimostrano come con queste due storiche operazioni l’Italia abbia fatto un incredibile balzo in avanti (nel 1860 il reddito medio di un italiano era pari a circa un terzo di quello di un francese e soltanto a un quarto di quello di un britannico). E giudica positivamente anche il ruolo della “economia mista”, dove le imprese a partecipazione statale hanno spesso posto le basi per lo sviluppo della imprenditoria privata (classico l’esempio della rete autostradale dell’IRI, che ci portò per alcuni anni ad avere una rete più estesa di quella della Germania e vide il fiorire, ai margini delle autostrade, di decine di nuove imprese).

Il libro si conclude con un richiamo alla attualità ed esprimendo fiducia nel meccanismo del Recovery Plan, di cui l’Italia è il principale beneficiario, con quasi 209 miliardi di finanziamenti, di cui 81,4 di sussidi a fondo perduto e 127.4 in prestiti.

Ma – pur in un libro che cita il gramsciano “ottimismo della volontà” – non mancano i richiami ad alcuni aspetti di arretratezza che rischiano di compromettere lo sviluppo futuro dell’Italia. Fra gli altri, la permanente arretratezza nel campo della “banda larga”: sono ancora meno di un terzo le case raggiunte dalla fibra e la loro distribuzione vede una ulteriore forma di arretratezza del Mezzogiorno rispetto al Centro Nord costituita dal cosiddetto “digital divide” .

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