“Le dirò la verità, non ne sapevo nulla. Ho appreso della riforma sull’amianto finita nel cassetto dal vostro articolo. Riprenderò in mano la bozza e mi impegno a portarla in Consiglio dei Ministri. Sui risarcimenti, ne parlerò con Orlando al Cite. Ma non si sorprenda, qui è tutto un mettere le pezze”. Il ministro Roberto Cingolani chiama appena dopo pranzo, uscito dalla riunione a Chigi sul caro bolletta e prima di incontrare gli attivisti sul clima. Sabato il fattoquotidiano.it ha rivelato l’esistenza di un articolato di legge che metteva mano a quella che 30 anni fa bandì la fibra-killer ma da anni si rivela del tutto inadeguata a tutelare ambiente, salute e diritti delle comunità colpite. Dalle bonifiche alle sanzioni, fino agli indennizzi che le vittime ottengono solo con lunghe e costose cause ai colossi. E come quel testo, cui avevano contribuito per otto mesi i massimi esperti in materia, fosse finito in un cassetto, a fronte di una piaga che miete 7mila morti l’anno. A metterlo a punto, già predisposto come articolato di legge, era stata una commissione ad hoc nominata per decreto a marzo del 2019 dall’ex ministro Costa, presieduta da Raffaele Guariniello. L’ex magistrato-simbolo della lotta all’eternit, lanciando anche un all’arme sulla crescente impunità degli inquinatori, al fattoquotidiano.it dirà: “Non ne ha più saputo nulla”. Testo e relazione al ministero neppure si trovavano, come in una barzelletta macabra. Anziché l’amianto, era stata rimossa la riforma.

Il ministro viene informato dagli uffici, poi chiama. “Sarò franco, non ne avevo mai sentito parlare”, ammette, senza nascondere disappunto e imbarazzo. “Appena ho letto l’articolo ho fatto ricostruire l’iter di quel testo. In effetti la bozza era stata letta e assimilata al collegato ambientale, per andare al Cdm, poi è caduto il governo Conte II ed è rimasta lì. Il testo era stato consegnato dal presidente della commissione al ministro, ma non era stato protocollato. In ogni caso ora che questa cosa è uscita la riprendo in mano io, perché è una tematica rilevantissima per l’ambiente e la salute su cui dopo 30 anni è assolutamente necessario intervenire”. Prima ancora però c’è una domanda: perché nel Pnrr, come rilevato dalle associazioni delle vittime, sull’amianto non c’è praticamente nulla. “Il motivo è che l’Europa ci permette di usare i fondi solo per le gestioni non ordinarie, come i “siti orfani” che non essendo a di nessuno possono rientrare; se gli avessimo detto “ci paghiamo le bonifiche” ci avrebbero risposto picche, che dobbiamo farle con fondi nazionali perché le avremmo dovute fare lo stesso. In ogni caso i siti orfani sono 36, se uno è inquinato da amianto potrebbe rientrare. Farò fare un’ulteriore verifica”.

La domanda però resta: come è stato possibile accantonare una riforma su un tema così delicato? E che un ministro dell’Ambiente a distanza di un anno e mezzo non ne sappia proprio nulla? Cingolani va giù dritto. “Vuole la verità? Questo è un Paese strano, che sulla carta controlla tutto, poi vai a vedere e come ti muovi trovi buchi e nessuno che controlla. Trovi cose ferme da dieci anni su cui poi devi battere la testa”. Ad esempio? “Ora parliamo di amianto ma la stessa cosa è successa coi depositi nucleari. Ora ho creato il gruppo che andrà a fare le ispezioni al posto di quelle di Sogin che gridano vendetta a Dio. Ho ripreso in mano da capo la storia delle depurazioni dei fanghi, della rete idrica che perde il 41%. Io non so come lavoravano prima, ma prendine una a caso, che siano l’energia o le bonifiche, e trovi che non c’è nulla davvero a quadro. Guardi, vista da dentro al ministero è una cosa raccapricciante”. Sarà vero, poi si fa notare al ministro che è passato un anno esatto dal giuramento e che non mancano critiche (e richieste di dimissioni). “Nel primo anno ho fatto il piano, il G20, la Cop26 – ribatte – . Ho riorganizzato il ministero che sta lavorando bene alla macchina del Pnrr e forse ora ci sono le condizioni per riprendere anche l’amministrazione ordinaria e portare a casa progetti che erano rimasti indietro, compresa questa partita dell’amianto”.

Ecco, la riforma dimentica della legge 257 toccava un po’ tutti i fronti ma un tema che grida vendetta, dicono le vittime, è il fatto che anche a fronte del riconoscimento della causa di morte per avere i risarcimenti debbano affrontare lunghe e onerose cause civili contro i colossi che inquinano, e che per altro sempre più spesso la fanno franca, come ha denunciato al nostro giornale il presidente della commissione Guariniello, l’ex magistrato che istruì l’omonimo processo a Torino, primo caso al mondo in cui i vertici aziendali vengono condannati. “Mi rendo conto che è uno scandalo insopportabile, perché vuol dire che in molti casi i soldi non li avranno mai, neppure gli eredi. Mi pare di capire che la proposta intenda istituire un fondo per le vittime diverso da quello dell’Inail, che preveda il risarcimento diretto da parte dello Stato che si può rivalere. Un po’ come per gli incidenti stradali o le vittime del lavoro. Allora di questo devo parlare con Orlando e lo farò. Io posso spingere questo testo sotto il profilo ambientale, delle bonifiche eccetera, ma lui ha una competenza specifica in materia. Credo che a questo punto la soluzione sia di verificare quel testo, e portarlo nel prossimo Comitato Interministeriale per la transizione ecologica (CITE), dove c’è Orlando, il Mise e tutti. E dico “signori, abbiamo questo problema: gli riconosciamo la causa di morte ma non li risarciamo, bisogna creare il fondo. Lo posso mettere all’odg del prossimo Cite che faremo nelle prossime due settimane”.

Si dice soddisfatto l’ex presidente della commissione: “Bene – commenta Guariniello – ignorare lo sforzo fatto dalla commissione di esperti significa in qualche modo tradire le comunità e le persone colpite”. “Mi sembra un notizia positiva”, dice Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto che fu membro della commissione. “Se il ministro manterrà fede a questi impegni forse faremo davvero un passo avanti. Il tema è sentito anche dal Parlamento, domani sarò audito dalla Commissione Affari Costituzionali sul disegno di legge che istituisce il 28 aprile come la ‘Giornata della memoria per le vittime dell’amianto”. In Parlamento nel corso di questa legislatura sono state presentate 14 proposte ma l’unica approdata in commissione è quella che celebra i morti. Nessuna per salvare i vivi.

t.mackinson@ilfattoquotidiano.it
Twitter:@thomasmackinson

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