“Nel Pnrr non c’è quasi nulla. Il ministro Cingolani non ci convoca, né ci sconvoca. Della nostra bozza di riforma si son perse pure le tracce. Settemila morti l’anno, evidentemente, non bastano”. Parole di Ezio Bonanni, fondatore e presidente dell’Osservatorio nazionale sull’amianto (Ona) che arrivano proprio mentre il Parlamento celebra la simbolica iscrizione della tutela ambientale in Costituzione. Il giorno prima era riuscito a ottenere dal Tribunale di Genova l’ultimo indennizzo per i familiari di un operaio dello stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso ucciso in sei mesi dal mesotelioma. Per Bonanni, però, non è tempo di festeggiare. Perché anche il “governo dei migliori” mette l’amianto sotto il tappeto. “Non c’è una vera agenda, nel recovery c’è giusto un incentivo per sostituire i tetti delle fattorie, nulla rispetto ai 40 milioni di tonnellate da bonificare. Nel superbonus 110% entra la rimozione amianto, ma solo se ristrutturi tutto. Tutti micro interventi, mentre serve una riforma strutturale che era pure già scritta, ma è finita nel nulla”.

L’Italia aveva l’occasione storica del recovery per affrontare questa grande battaglia di salute pubblica e ambientale che si trascina irrisolta dagli anni Novanta, quando la fibra fu messa al bando per legge, continuando però a mietere vittime. Solo il mesotelioma uccide ogni anno 7mila persone: considerato il periodo di latenza delle patologie asbesto-correlate, il picco delle morti cadrà intorno al 2028-2030, solo da lì inizierà una lenta decrescita dei casi. “Ma alla politica, a quanto pare, non importa” accusa Bonanni, che chiama in causa il ministro dell’ambiente: “Forse, lo dico col dovuto rispetto, a Cingolani sta più a cuore il nucleare”.

Bonanni pensa a un’altra occasione storica che si è persa per strada, di cui si sa poco o nulla. Due anni fa una speciale commissione di esperti, guidati dall’ex magistrato simbolo della lotta all’eternit Raffaele Guariniello, aveva lavorato alla stesura di una serie di proposte concrete di riforma organica della legge del ’92 che toccasse tutte le tematiche, gli aspetti giuridici, scientifici, sanitari, tecnici, procedurali, previdenziali e assistenziali per aggiornare la norma. “La commissione ha lavorato finché c’è stato il Conte II, da allora non è più stata convocata e né io né gli altri commissari sappiamo più niente. L’ultima riunione è del 15.12.2020, successivamente ho redatto una nota del 16.12.2020 alla quale non è stato dato alcun riscontro. A tutt’oggi attendiamo le determinazioni del Ministro”. Ma negli uffici di via Cristoforo Colombo si fatica pure a trovare quel testo.

A spingere per la riforma fu l’allora ministro dell’Ambiente Sergio Costa. A marzo del 2019, per decreto, nomina il gruppo esperti in materia. A presiederla è proprio Guariniello, l’ex magistrato che istruì l’omonimo processo a Torino, primo caso al mondo in cui i vertici aziendali vengono condannati. Anche Bonanni ne fa parte, insieme all’ex generale Giampiero Cardillo, nominati il 30 aprile 2019. Gli esperti si mettono al lavoro e a tempo record, meno di tre mesi dopo, presentano una corposa relazione con tanto di articolato di legge. “Guardi ho anche la data, era il 30 giungo 2020. Gli elaborati li consegnai di persona al ministro Costa, che ringrazio ancora per questa opportunità”, conferma Guariniello in un’intervista al fattoquotidiano.it in cui lancia l’allarme sul rischio di crescenti profili di impunità cui prestano il fianco le norme ora in vigore.

Fonti dell’ex segreteria del ministero spiegano : “Almeno la parte della relazione relativa agli aspetti penali e sanzionatori eravamo riusciti a inserita nel collegato ambientale, poi ci fu la crisi di governo, e anche quella parte rimase al Dipartimento Affari Giuridici della Presidenza del Consiglio”. Da allora, non se ne sa più nulla. Guariniello non demorde: “Non è stato formalmente recepito come proposta di legge dal governo, auspico che si arrivi alla discussione parlamentare e confido molto nel lavoro delle commissioni. Sarebbe di aiuto alle tante comunità che aspettano risposte e giustizia, un giusto riconoscimento a tutti gli autorevoli membri della commissione che hanno profuso tanto impegno”. Prima però bisogna ripartire dal testo, impresa non proprio facile. Solo alla fine di un lungo giro di chiamate, con malcelato imbarazzo degli interlocutori, la bozza fantasma salta fuori dal cassetto (scarica).

E’ un documento di 58 pagine che riformula diversi articoli della 257/92 in modo da dare piena attuazione ad alcuni e aggiornare altri, alla luce delle conoscenze medico-scientifiche, epidemiologiche, giuridiche, economiche emerse in 30 anni. Tra gli altri, si prevedeva di bandire una volta per tutte l’amianto già posto in opera, facendo saltare le soglie di tolleranza limite. Di operare una stretta sui controlli delle dispersioni della lavorazione e degli smaltimenti, sull’obbligo di informazione alla autorità sanitarie elusi dalle imprese sottoposte oggi a una “sanzione meramente amministrativa di incerta applicazione”. Idem per gli adempimenti delle Asl che hanno compiti di vigilanza “non applicati sistematicamente”. Si ipotizza di rilanciare e sostenere le bonifiche con una strategia che integra finanziamento pubblico e credito di imposta per chi le fa, così da incentivare l’iniziativa privata. Di istituire un vero fondo per le vittime, pagato dagli inquinatori, che consenta l’indennizzo diretto da parte dello Stato che poi può rivalersi. Tema sentitissimo dalle associazioni delle vittime che se riconosciute tali dall’Inail devono poi sostenere lunghe cause per avere ragione di chi li ha fatti ammalare. “Oggi – spiega Bonanni, che in 20 anni ne ha patrocinate migliaia – siamo al paradosso per cui l’avvocato serve alla vittima, non a chi la uccide”.

E ancora: istituire una Procura nazionale sulla sicurezza del lavoro, operare una “radicale trasformazione della fattispecie criminosa che oggi si limita all’ammenda punita con contravvenzione”, rafforzare le pene legate all’inosservanza degli obblighi dei privati, alla punibilità degli enti e amministratori pubblici. Rivedere il sistema di sorveglianza e prevenzione epidemiologica. “Oggi censisce solo il mesotelioma, non le altre sostanze cancerogene. Il VI Rapporto risale all’autunno 2018 ed è basato su dati 2014-2015. Con un sistema di rilevazione più puntuale, attuale ed efficace i dati già allarmanti renderebbero meglio la dimensione e la progressione della carneficina in atto”. L’elenco è lungo e variegato, ma a distanza di un anno e passa è ancora tutto sulla carta. Tanto caro agli attuali governanti che si fatica pure a trovarlo.

t.mackinson@ilfattoquotidiano.it
Twitter:@thomasmackinson

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