Musica

“Blanco mi ha insegnato la libertà, ecco com’è nata Brividi”- Chi è Michelangelo, il braccio destro del vincitore di Sanremo: l’intervista a FQMagazine

Noi di FqMagazine.it abbiamo incontrato Michele Zocca, questo il vero nome di Michelangelo, il 28enne compositore e produttore di Cremona più invidiato del momento, per capire come nascono i successi di Blanco, ma anche come è nata una delle più belle amicizie del panorama musicale attuale

di Andrea Conti

Chi si cela dietro il successo di Blanco? Chi è l’ormai famosissimo Michelangelo più volte citato dal vincitore del Festival di Sanremo nelle sue canzoni? Noi di FqMagazine.it abbiamo incontrato Michele Zocca, questo il vero nome di Michelangelo, il 28enne compositore e produttore di Cremona più invidiato del momento, per capire come nascono i successi di Blanco, ma anche come è nata una delle più belle amicizie del panorama musicale attuale. L’incontro artistico tra i due risale al 2019, ma Zocca ha già lavorato con altri artisti come Loredana Bertè, Paola Turci, Annalisa, Nek, Marracash, Madame e Gianluca Grignani.

Quando ti sei avvicinato alla musica?
Ho preso le prime lezioni alle elementari, ma il mio approccio allora era didattico. Diciamo che il vero colpo di fulmine risale a quando ho iniziato ad approcciarmi alla batteria, alla fine delle elementari. Poi mi hanno incuriosito altri strumenti, come la chitarra elettrica e il basso, che ho studiato da autodidatta e che era un basso usato che ho acquistato da un mio amico (ride, ndr).

In casa tua impazzivano per la batteria?
I miei poveri nonni… Stavo lì perché avevano casa più grande e c’era spazio e li facevo diventare matti! Però alla fine erano contenti di avere un nipote con la passione per la musica. Mia mamma ascoltava molta musica, sia internazionale che italiana. Poi sono arrivato io con i Led Zeppelin e il rock Anni 70, mentre lei invece era più vicina ai Beatles e ai Rolling Stones. La musica poi col tempo è diventata una malattia, pensavo sempre a lei dalla mattina alla sera.

E il pianoforte?
È arrivato dopo. Ad un certo punto ho interrotto gli studi, ho imparato a realizzare le basi su Internet. Per questo, quando mi definiscono ingegnere del suono un po’ sorrido perché sembra un titolo importante, ma in realtà cerco solo di far suonare bene le cose. Ci sono riuscito grazie al Web.

Hai lasciato gli studi al Conservatorio di Parma. Come mai?
Dopo un anno ho capito che quella strada non faceva per me. In generale non sono mai stato un grande studente e non mi piace seguire un percorso prestabilito e imposto. Se un giorno avevo lezione, magari mi veniva il desiderio di studiare un’altra cosa, ma non potevo farlo. Così mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a lavorare sulla produzione e l’arrangiamento.

Sottolinei spesso che sei un autodidatta…
In realtà oggi la didattica può svolgersi anche su Internet. Alla fine le note sono quelle e le scale sono quelle (ride; ndr). Del Conservatorio conservo la voglia della condivisione e conoscenza.

Hai diretto l’orchestra per la serata delle cover. La Michielin che ha diretto Emma è stata criticata perché non ancora diplomata. Che ne pensi?
Non ho seguito molto questa polemica, ma onestamente penso che se Francesca era lì un motivo c’era, le cose non succedono per caso, aveva tutto il diritto di stare lì. Il titolo alla fine è relativo, secondo me. In generale, nella vita tante persone che non avevano titoli alle spalle, hanno fatto cose grandi.

Nel novembre del 2019 entra nella tua vita Blanco, come nasce il vostro incontro?
È stata organizzata una sessione di incontro con lui, che mi ha fatto ascoltare dei provini. Mi sono piaciuti molto sin da subito e ci siamo messi al lavoro. Ci siamo visti una volta a settimana per un anno. Ci siamo ritrovati con una cartella nel pc con oltre 200 pezzi. Abbiamo scelto i migliori e li abbiamo inseriti nel disco Blu Celeste.

Blanco di te ha detto: “Mi ha aiutato a essere trasparente con me stesso, mi ha fatto capire che a volte la parte più debole è quella più forte”. Ti ci rivedi?
È andata così. Nei primi tempi, quando ci vedevamo notavo che si limitava ad esprimersi su alcune tematiche, vedevo che non si esprimeva al massimo delle sue potenzialità. Così abbiamo passato diverso tempo assieme, dopo aver fatto musica cenavamo e chiacchieravamo molto. Ho cercato di spronarlo e di invitarlo a sperimentare di più e a tirare fuori il massimo.

Lui cosa ha dato a te?
Tantissimo e forse in primis la libertà, mi ha insegnato a stare senza pensieri e andare oltre a tanti schemi. La prima volta che è entrato in studio mi ha scioccato. Io ero abituato ad una modalità di lavoro più standard, poi è arrivato lui a cambiare tutte le regole.

Cosa succedeva in studio?
Per esempio, mi diceva: ‘dai registriamo’, ma senza avere ancora nulla e così si improvvisava al microfono. Abbiamo cambiato modalità di lavoro, l’ho visto molto libero nel fare le cose e piano piano mi sono allineato anche io. Mi ha insegnato la libertà di fregarsene. Sia chiaro, la libertà di cui parlo non è fare le cose a caso, è ogni volta fare una cosa in maniera diversa. Un minimo di metodo lo abbiamo, ho cercato di insegnare a Blanco a canalizzare il flusso creativo.

Com’è nata Brividi?
Da un incontro casuale tra Blanco e Mahmood. Io ero in studio con quest’ultimo e Blanco è venuto a trovarmi, anche per conoscere Mahmood. Così tra una chiacchiera e l’altra ci siamo messi a suonare un po’, loro sono partiti con qualche melodia, abbastanza velocemente, e per caso è nato il ritornello. Abbiamo registrato a inizio luglio e poi il brano è rimasto da parte. Un giorno ci è tornato in mente e ci siamo detti: perché non lo finiamo? Io avevo fatto una sorta di stesura al pianoforte e avevo dato una struttura al ritornello, ho mandato l’audio sia a Blanco che Mahmood, che in quel momento si trovava in Sardegna, e hanno buttato giù le strofe. Dopo qualche mese è nata la canzone.

Vi aspettavate un riscontro così clamoroso?
È sempre difficile fare previsioni su una canzone. Sicuramente noi eravamo gasati, Brividi ci piaceva molto. Ci siamo resi conto dell’impatto quando il brano è finito subito nella Top 5 Global di Spotify e quando migliaia di ragazzi e ragazze cantavano la canzone fuori dall’albergo a Sanremo.

Cosa è piaciuto alla gente?
Una concomitanza di elementi forti: l’armonia, la performance, il racconto. Una cosa molto bella, secondo me, è che i loro due mondi quasi opposti coesistono bene nella canzone. Forse è anche grazie a questa unione che è arrivata a molte persone.

Com’è nata la citazione del tuo nome nelle canzoni di Blanco?
Per caso (ride, ndr). Stavamo registrando una delle prime canzoni, così in modo improvvisato Blanco ha messo dentro il nome Michelangelo e ci siamo messi a ridere! Poi è rimasto.

Il tour di Blanco è andato sold out in pochissime ore. Cosa puoi anticiparci?
Siamo appena tornati dalla settimana sanremese. Per ora è tutto un work in progress, ma siamo mega felici per il successo dei biglietti venduti.

A quali progetti stai lavorando, oltre al già citato Mahmood?
Ho la cartella piena di progetti. Non li ricordo tutti (ride; ndr). Scherzi a parte, io li direi ma temo di fare spoiler!

Con quali artisti vorresti lavorare?
Celentano, Vasco Rossi… Soprattutto Mina perché è di Cremona come me. Sarebbe il coronamento di un sogno. Devo anche dire che ci sono tantissimi altri artisti con cui mi piacerebbe collaborare. Credo sia un momento davvero felice per la musica italiana.

Sei diventato papà di Margherita, le piace la musica?
Sì! Ascoltiamo tanta musica. Già a tre mesi picchiettava sulla tastiera del piano e anche ora, che ha dieci mesi, appena vede il piano si gira e lo indica perché vuole suonare. Per ora dà certe manate sulla tastiera (ride; ndr).

Poi passerà alla batteria, come te e non ti lascerà dormire!
(Ride, ndr) Ma io ne sarei solo felice!

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