“Lo aspettavo da dieci anni. La prima impressione? Lo stupore, lo stordimento”. Giambattista Scirè quasi non ci credeva ma alla fine ha vinto la Champions nel campionato dei Baroni. E il gioco sporco delle cattedre all’italiana, d’ora in poi, sarà forse più regolare per tutti, compresi i troppi che ancora subiscono ma restano in timoroso silenzio. Sciré è il ricercatore siciliano che nel 2011 ha visto sfumare la cattedra in Storia bandita dall’università di Catania in favore di un’architetta (non è uno scherzo), per la quale era stato costruito il solito concorso “su misura”. Non si è arreso, e con la sua battaglia contro la piaga della “Mala Università” – su cui ha scritto anche un libro – da protagonista nel ruolo della vittima si è fatto portabandiera di un’azione pubblica per la trasparenza dei concorsi a cattedra ben più ampia. Ebbene: dopo anni di lotta ha ottenuto la proroga del contratto da ricercatore in Storia contemporanea. Dal 1 febbraio ha preso servizio presso l’ateneo e domani prenderà possesso del suo ufficio nella sede di Ragusa. “Finalmente – dice – e lo farò a testa alta”.

Non sarebbe una notizia, se non ci fossero voluti tre ricorsi al Tar vinti, uno al Consiglio di Giustizia, una sentenza penale con decreto di imputazione coatta nel 2020 e una della Corte dei Conti che ha condannato i commissari a restituire i soldi del danno erariale perché aveva, dicono le sentenze, platealmente truccato il concorso. Quelle vittorie fino a pochi giorni fa sembravano solo sulla carta, anche perché l’ateneo non aveva mai dato corretta esecuzione alle sentenze. “Papiri da appendere alla parete o medaglie al valore come la bella lettera di risposta del presidente Mattarella”, dice Sciré spiegando che il sollievo va ben oltre il dato di cronaca. “Per anni la sfiducia per il mio mancato reintegro, a fronte dei risultati giudiziari a mio favore, aveva avuto il sopravvento”. Ma la situazione si capovolge una volta per sempre. “Come accade in certe storie strazianti e drammatiche di ingiustizia, ma poi per fortuna a lieto fine, e quindi come tali epiche ed emozionanti”.

Ma ogni storia a lieto fine che si rispetti ha conserva un retrogusto amaro. Com’è che riottiene il suo posto? Solo in forza dell’ennesimo accesso agli atti Scirè scopre che la sede distaccata di Ragusa già nel 2015, a seguito della prima sentenza, aveva dato parere favorevole alla proroga del contratto “ma l’ateneo, nella nota di diniego scritta dall’ufficio legale (censurata poi dal tribunale ordinario e annullata dal Tar) ha finto di non conoscere l’esistenza di quell’importante documento. Ed ecco che oggi, con sette anni di ritardo, dopo l’ennesima sentenza non eseguita del luglio 2021, dopo l’ennesima diffida e denuncia, finalmente l’obiettivo che sempre perseguito con ostinazione è raggiunto: il rettore Francesco Priolo, seppur con estremo ritardo, ha promosso l’attivazione della proroga, la sede distaccata di Ragusa ha votato così all’unanimità a favore della proroga del mio contratto, lo stesso ha fatto il dipartimento di scienze umanistiche di Catania cui afferisce, consentendo al senato accademico e al cda di deliberare la proroga”. Sciré ha allegato 2560 pagine di relazione sull’attività didattica e di ricerca svolta al 31 dicembre 2014.

“Non è la fine, ma una svolta nella battaglia”, promette Scirè che nel novembre 2017 ha fondato un’associazione per la trasparenza e il merito nei concorsi (TraMe). “Avevo avuto una sentenza favorevole dal Tar che disponeva il reintegro, pena la nomina di un commissario ad acta. Forte di quello avevo rivolto un appello pubblico a tutti i colleghi perché nascesse una rete di supporto a quanti ancora subiscono abusi e ingiustizie nell’assegnazione degli insegnamenti”. Aderiscono in 10, ora sono 850. Molte denunce si sono trasformate in sentenze favorevoli e ordini di reintegro. “Nel mio caso – dice il fondatore – il risultato di oggi è solo più plateale perché ci ho messo la faccia, e assume dunque una valenza simbolica più forte”. Coì la vittoria personale diventa pubblica, e spingerà altri a farsi avanti e seguire l’esempio.

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