“Non possiamo mettere a rischio un mercato come quello dell’export legato all’allevamento di suini, che in Italia vale sei miliardi”. Così Giovanni Toti, sintetizzando, spiega il lockdown dei boschi che ha colpito 114 comuni tra le province di Savona, Genova e Alessandria.

Divieto di caccia e pesca, ma anche stop a gite e attività di trekking ed escursionismo (a piedi come in bicicletta), la raccolta di funghi o tartufi. Un’ordinanza firmata in intesa tra ministero della Salute e delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che mira a contenere la diffusione della Peste Suina Africana, morbo letale per la stragrande maggioranza dei suini che contagia.

L’allarme sull’arrivo del virus in Europa è scattato due anni fa, ed è proprio a seguito di un controllo di routine che, lo scorso 6 gennaio, è stata trovata la prima carcassa di cinghiale appestato. A oggi ne sono state trovate altre otto. “La strategia in questa prima fase è quella di monitorare l’area interessata – spiega l’assessore ligure con delega su allevamenti, caccia e pesca, Alessandro Piana – e ridurre quanto più possibile i territori che successivamente saranno oggetto di caccia selettiva dei capi a rischio infezione”.

In sintesi, allo stato attuale il piano prevede quindi delimitare le aree, circoscrivere la zona rossa e poi procedere, recintando i territori interessati, con una caccia di selezione che, si stima “porterà all’abbattimento di circa 18mila capi”, come conferma l’assessore leghista a ilfattoquotidiano.it. L’obiettivo è quello di scongiurare il rischio del passaggio del virus dai cinghiali, selvatici, ai suini allevati per la vendita, che comporterebbe l’esclusione dell’Italia dall’export e prolungherebbe notevolmente lo stato di emergenza.

Secondo le norme comunitarie, infatti, devono trascorrere 12 mesi dall’ultimo suino trovato positivo prima di poter allentare le restrizioni alla mobilità umana nelle aree interessate. “Se riusciremo a scongiurare il passaggio da cinghiali a maiali possiamo riuscire a cavarcela in un periodo più breve – spiega Angelo Ferrari, direttore dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – in caso contrario la situazione si farebbe davvero difficile”.

“Nelle prossime ore la Regione diramerà una sorta di vademecum per spiegare ai cittadini cosa si potrà fare e cosa no, e quali deroghe prevede l’ordinanza – ha aggiunto il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti – Certamente saranno da stabilire indennizzi congrui per tutte quelle attività che subiranno danni diretti o indiretti dalle restrizioni e dai provvedimenti che verranno presi”.

Il divieto di circolazione nei boschi mira a evitare che la frequentazione dei boschi possa spingere i cinghiali a cambiare zona e trasportare con sé il virus (letale per maiali e cinghiali, innocuo per gli altri animali), rischio ridotto ma non eliminato, se si considera la quantità di altri animali selvatici che, incuranti delle ordinanze ministeriali, potranno farsi vettori del contagio così come gli stessi “cinghiali urbani”, che ogni giorno si nutrono nei cassonetti o sono soliti frequentare assiduamente le zone urbane.

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