Ancora nel pancione, ma già con le valigie: a Lanusei, nella Sardegna centro orientale, chiude il punto nascite. Così, giusto per far abituare i neonati a spostamenti tutt’altro che agevoli da un territorio sì ricco di cultura e colmo di bellezze paesaggistiche, ma svantaggiato dalla posizione geografica cui non corrisponde un sistema viario adeguato. Ex capoluogo della disciolta Provincia dell’Ogliastra, sede di Tribunale e punto di riferimento per una popolazione di 60mila persone (che lievitano, fino almeno a raddoppiare, nella stagione turistica) distribuite in una fetta di Sardegna impervia, si trova a fare i conti con una sanità malata che non risparmia mamme e nascituri. Decisione provvisoria, così rassicurano dalla Regione Sardegna che promette rinforzi per colmare il deficit di personale in tutto l’ospedale “Nostra Signora della Mercede”, ma in Ogliastra la preoccupazione è altissima. Il provvedimento, peraltro, arriva dopo la chiusura di altri due reparti: Pediatria e Cardiologia sono operativi solo 12 ore al giorno. Ecco perché le comunità si preparano a una nuova mobilitazione.

“Il nostro ospedale ha un bacino d’utenza di circa 60mila persone, per le quali non c’è alcuna alternativa”, protesta Davide Burchi, sindaco di Lanusei e presidente della Conferenza socio sanitaria, nel ricordare le criticità di un territorio impervio con un sistema viario che non permette collegamenti rapidi né con Nuoro e tanto meno Cagliari. “Partendo in auto da Lanusei serve un’ora per raggiungere Nuoro, il doppio per il capoluogo – ricorda il sindaco -. Ma i tempi di percorrenza sono ulteriormente dilatati se si parte da altri centri ogliastrini, ancora più svantaggiati, come Talana, Urzulei o Perdasdefogu. La questione delle criticità in ambito sanitario è dirompente e inaccettabile. Non è pensabile che, come avvenuto finora, i servizi funzionino solo grazie allo spirito di corpo e all’abnegazione del personale costretto a superlavoro”.

Tutto l’ospedale soffre: basti dire che i medici attualmente in servizio sono 69 su un organico che ne prevede 120, ma anche le altre figure sono carenti. “La situazione è veramente grigia, il depotenziamento riguarda tutti i servizi e il quadro diventa tragico soprattutto quando consideriamo le patologie tempo-dipendenti come quelle cardiologiche – conferma Francesco Doneddu, presidente dell’associazione Amici del cuore d’Ogliastra – nel nostro territorio si contano 1200 cardiopatici, i quali non possono rischiare di non ricevere tempestivamente le cure di cui hanno bisogno. Se le cose non cambieranno in tempi rapidi, siamo pronti a organizzare una marcia su Cagliari insieme ai sindaci del territorio: è ormai chiaro che questo processo stia favorendo esclusivamente i privati”.

Non è un mistero che ridimensionamenti, tagli, mancanza di turnover nel pubblico (nel Sulcis Iglesiente, da un anno, le strutture pubbliche hanno sospeso gli esami ai pazienti esterni e stessa cosa succede da un mese per gli esami di laboratorio) sono andati a braccetto con la crescita delle strutture private. Il “Mater Olbia” (ospedale convenzionato con la Regione, nato dalla partnership tra Qatar foundation e Policlinico Gemelli) ne è esempio eloquente e gli amministratori dell’isola intendono continuare su questa strada. È di qualche giorno fa l’ultima (in ordine di tempo) deliberazione (a firma del presidente Christian Solinas e del direttore generale Silvia Curto) con cui la Regione proroga l’acquisto delle prestazioni ospedaliere della clinica gallurese. L’atto (numero 51/24 del 30 dicembre 2021) prevede, testualmente: “di stabilire in euro 60 milioni e 600mila euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 il tetto di spesa per il finanziamento delle funzioni, l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera, comprese quelle di assistenza specialistica ambulatoriale, dal presidio di completamento privato Mater Olbia”. E ancora: “di dare mandato all’Ats affinché provveda a prorogare i contratti in essere nel limite dei tre dodicesimi del tetto di spesa fissato per il 2022”. L’ultimo passaggio riguarda la radioterapia: la Regione proroga (“fino alla definizione dei pacchetti ambulatoriali complessi e coordinati”) agli ospedali privati accreditati col Servizio sanitario regionale, l’autorizzazione a prescrivere le relative prestazioni. Ciò, di fatto, appare come una certificazione della morte della sanità pubblica.

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