“Apri le scuole, chiudi le scuole”. C’è chi la prende a ridere in Sicilia, adattando la famosa citazione del film Karate Kid. Un modo per sdrammatizzare dopo due giorni di totale confusione sul rientro in classe, terminati con la decisione del governatore Nello Musumeci di rinviare la riapertura post-natalizia di tre giorni. In Sicilia, dunque, la scuola in presenza riprenderà giovedì 13 gennaio (e non lunedì 10) ma solo in attesa di eventuali nuove disposizioni. La prossima settimana, infatti, l’isola che al momento è in zona gialla dovrebbe passare in arancione e a quel punto i sindaci avrebbero mano libera per disporre la didattica a distanza con provvedimenti autonomi.

Già adesso però sono stati gli stessi primi cittadini a forzare la mano di Musumeci, annunciando o addirittura emanando ordinanze – illegittime e suscettibili di impugnazione da parte del governo – per spostare in avanti la riapertura. In testa il sindaco di Messina, Cateno De Luca, che venerdì ha stabilito la chiusura di tutte le scuole fino al 23 gennaio, scatenando il caos tra presidi, docenti e famiglie. A rendere il provvedimento nullo dalla nascita, però, è una precedente ordinanza di Musumeci che lascia possibilità ai sindaci di agire solo in regime di zona arancione o rossa. Non importa: De Luca ha pubblicato comunque l’atto rendendo effettiva la chiusura a meno di un’opposizione dinanzi al Tar, creando una situazione di incertezza totale. Non solo, ma il sindaco – dopo una riunione in prefettura – ha ottenuto l’appoggio dell’azienda sanitaria locale (Asp) che ha scritto nero su bianco di condividere la scelta.

Stessa dinamica a Siracusa, dove il sindaco Francesco Italiano ha firmato l’ordinanza di chiusura imitato da tutti i sindaci della provincia. Confusione pure a Palermo: la Prefettura del capoluogo ha diramato una nota sottolineando che solo in zona arancione e rossa i sindaci hanno facoltà di intervenire, ma subito dopo il primo cittadino Leoluca Orlando ha annunciato di voler emettere un’ordinanza in qualità di presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni. “Pensare di andare a scuola lunedì è da irresponsabili“, ha detto, “c’è un problema sanitario: un numero enorme di contagi. E al ministro Bianchi che parla di didattica in sicurezza vorrei ricordare che il problema non è solo interno alla scuola: i ragazzi poi tornano a casa, salgono sugli autobus. Gli ospedali sono sotto stress“.

A risolvere il conflitto istituzionale, almeno per il momento, è intervenuto Musumeci, rinviando l’apertura di tre giorni in attesa di nuove consultazioni col Cts e col governo nazionale, nonché di valutare il passaggio di tutta l’isola in arancione. Il presidente siciliano si è detto d’accordo con sindaci e presidi che in questi giorni avevano chiesto la ripresa in dad, ma – ha precisato – “non possiamo neppure alimentare un inutile conflitto con il governo centrale. Abbiamo adottato la soluzione più ragionevole e giuridicamente compatibile: quella di utilizzare i nostri poteri di autonomia primaria sul calendario scolastico consentendo uno slittamento dell’apertura delle scuole di alcuni giorni, fino a un massimo di cinque”.

Con l’ennesima diretta social, però, il sindaco messinese De Luca ha ribadito la validità della propria ordinanza “ribella”: “Se fossi stato il presidente, avrei fatto altro, non lo sono, per ora…”, ha provocato. Dietro la scaramuccia, infatti, ci sono le imminenti dimissioni del primo cittadino (previste per martedì), per potersi candidare alla presidenza della Regione.

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