“Ho fatto un cavolata”, “Ho fatto questa cosa”, “Non sono un violentatore”, “Non sono un uomo cattivo”: queste le giustificazioni tratte liberamente dal consunto repertorio di uomini che vìolano i diritti e i corpi delle donne, di Andrea Serrani, il tifoso che, uscendo dallo stadio stizzito perché la squadra del cuore aveva perso, si è rivalso del senso di sconfitta trovando un bersaglio nel corpo di una donna. Con un gesto viriloide si è sputato sulla mano eppoi ha colpito Greta Beccaglia, la giornalista di Toscana Tv in diretta fuori dallo stadio per il dopo partita Empoli-Fiorentina.

Il gesto di Serrani ha dato il via ad un effetto branco e, tra l’indifferenza dei tifosi che assistevano alla scena, forse persino divertiti, altri uomini hanno offeso e molestato la giornalista. Greta Beccaglia ha detto di essersi sentita come “un palo della luce preso a calci” ed ha raccontato la mortificazione e la paura vissuta in quel momento. Qualunque donna che ha subito una molestia o una violenza sa che cosa ha provato Greta. Così come conosce il significato del suo sorriso davanti alle telecamere che tratteneva rabbia, paura e umiliazione mentre il suo collega dallo studio minimizzava: “Non te la prendere, anche questa è esperienza”. Già, ma esperienza di che cosa?

I palpeggiamenti o le molestie verbali che le donne in strada o nei luoghi di lavoro sono un continuum di violenze che condizionano la loro percezione della sicurezza e le allenano, se si trovano in determinate situazioni, ad assumere uno stato di iper vigilanza. Come quando in una strada deserta, di notte, incrociando un uomo, cercano di capire se ha un atteggiamento amichevole, se le sta guardando o ignorando.

Tempo fa Stefano Ciccone, dell’associazione Maschile plurale, raccontava dello scoramento che aveva provato una sera, camminando alle spalle di una donna, quando si era reso conto che accortasi di lui, accelerava i passi. Quella donna lo aveva percepito come potenziale minaccia perché era un uomo. Le donne arrivano a questa percezione dopo decine di esperienze di aggressioni. E questa è l’ennesima occasione per riflettere sulle difficili libertà delle donne. Qualcosa che dovrebbe umiliare anche gli uomini, come ha dichiarato in un tweet, Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al Mef.

Serrani è stato rintracciato, denunciato e una volta esposto all’indignazione di una parte dell’opinione pubblica ha perso la protervia dimostrata davanti alle telecamere. Si è scusato poi difeso, non ha ancora capito che il suo gesto che ha definito “cosa” e “goliardata” non è affatto banale. Non tutta l’opinione pubblica ha manifestato solidarietà a Greta Beccaglia o condannato il gesto di Serrani. Il tema dei diritti delle donne anche quello di attraversare strade senza diventare pezzi di carne aggredibili, suscita in taluni, fastidio e ostilità. Si colpevolizzano le donne o si minimizzano fatti gravi che rivelano la miseria delle qualità delle relazioni che il mondo maschile ha con le donne.

Molti sono convinti che la violenza sia altro, qualcosa che non li riguarda poi, in un sabato pomeriggio, attraversati dalla stizza umiliano una donna. Figli sani di una cultura misogina, convinti nel profondo che una donna sia un oggetto a disposizione.

Spigolando tra i commenti sui social, c’è chi parla di esagerazione “che vuoi che sia una pacca sul culo”, chi si è lamentato con protervia perché “non si può più scherzare con una donna” e chi si è rammaricato quando gli ho spiegato che una manata sul sedere può costare una condanna a 12 mesi. Si trattava di un mio (ex) follower che pochi giorni fa si era felicitato perché in Inghilterra è passata una legge a tutela di crostacei e cefalopodi (e tengo a precisare che felicita molto anche me) ma a cui sta stretto ma proprio stretto che la violenza contro una donna sia un reato.

La risposta è quella che Greta Beccaglia ha dato davanti alle telecamere: “Questo non lo puoi fare”. Che i Serrani che incrociano le donne per le strade imparino a pensare: “No. Questo non lo possiamo fare!”.

@nadiesdaa

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