I conti non tornano. Mentre continua l’occupazione della sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, a Roma, da parte di ricercatori e tecnologi contro la decisione dell’Ente di utilizzare “3,3 milioni di euro a fronte di una disponibilità di circa 33 milioni – accusano Flc Cgil, Fir Cisl e Uil Scuola Rua – per stabilizzare i precari”, il Cnr a ilfattoquotidiano.it fornisce la sua versione. Facendo sapere che “utilizzerà tutte le risorse specificamente stanziate per la stabilizzazione del precariato, tenuto conto della sostenibilità finanziaria dell’ente”. Di che risorse parliamo? “Le somme a disposizione – secondo il Cnr – ammontano a circa 3,3 milioni di euro, oltre a quelle stanziate nella legge di bilancio (nella prossima legge di Bilancio per il 2022), che ad oggi sono pari a 10 milioni di euro”.

La battaglia dei sindacati – Ma secondo i sindacati sono circa 32,5 i milioni di euro a disposizione. “Ci sono intanto 22,8 milioni di euro, ossia una parte dei 45 milioni stanziati con il decreto Rilancio firmato dal governo Conte Bis nell’agosto del 2020 per assunzioni e scorrimento di graduatorie” spiega a ilfattoquotidiano.it Rosa Ruscitti della Flc Cgil. E sono risorse, secondo i sindacati, certamente utilizzabili per scorrere le graduatorie degli idonei, dato che lo ha già fatto con quello scopo l’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia ad aprile 2021, ma che “il Consiglio di Amministrazione dell’Ente riallocherà alle spese per il personale” scrivono i rappresentanti dei lavoratori. A quella cifra (22,8 milioni di euro) vanno aggiunte altre risorse. “Dei 25 milioni di euro stanziati nella Finanziaria 2021 – continua Rosa Ruscitti – con il decreto 614 del 19 maggio 2021, il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa ha assegnato al Cnr 3,3 milioni per la stabilizzazione del personale (quelle ricordate anche dal Cnr, ndr) e 6,6 milioni per nuove assunzioni. I 10 milioni della prossima legge di Bilancio (articolo 105, comma 8) non andrebbero considerati – commenta la sindacalista – dato che non sono ancora effettivi e, quindi, con 3,3 milioni di euro si arriva a non più di una cinquantina di precari stabilizzati”.

La versione del Cnr – Invece il Cnr li considera eccome ed è proprio subordinandolo all’approvazione della legge finanziaria 2022 (e quindi a quei 10 milioni) che stima l’impegno complessivo possa raggiungere 13,3 milioni di euro. Dunque conferma l’intenzione di utilizzare 3,3 milioni di euro del decreto 614. La cifra complessiva, calcola, dovrebbe stabilizzare 205 idonei rispetto ai 335 aventi diritto (secondo l’articolo 20, comma 2, della legge Madia). Si tratta di quelli che, oltre ad avere una serie di requisiti, hanno anche superato un concorso. A cui si aggiungono un’altra quindicina di lavoratori. “Il tema della stabilizzazione dei ricercatori precari del Cnr è già stato oggetto di una lunga fase negoziale” aggiunge l’Ente. Anche perché questi ricercatori attendono la stabilizzazione dal 2017, dall’approvazione della legge Madia, che avrebbe dovuto porre rimedio al continuo ricorso di contratti a termine nei centri di ricerca pubblici. “Si ritiene utile ricordare – aggiunge – che negli ultimi anni il Cnr ha già proceduto alla stabilizzazione di oltre 1.400 lavoratori (con i requisiti descritti dall’articolo 20 commi 1 e 2 della Legge Madia)”.

La mannaia della scadenza – Riguardo al numero di persone da stabilizzare, i sindacati precisano che il numero complessivo è di circa 350 precari, ma che “sono 335 quelli che rientrano nel comma 2, ossia che avevano contratti flessibili (Adr e Cococo) e per essere stabilizzati hanno dovuto superare un concorso selettivo le cui graduatorie scadono a dicembre”. Si parla di personale con un’età di servizio di almeno 7-8 anni al quale fino a un incontro dello scorso 11 ottobre, raccontano i sindacati, “era stato assicurato che c’erano le risorse per la stabilizzazione”. Il 13 dicembre i contratti scadranno e alla stragrande maggioranza di questi precari non sarà più possibile ottenere il rinnovo del contratto, avendo superato i limiti di legge previsti per gli assegni di ricerca ed i contratti a tempo determinato. “Mi diranno che non si tratta di graduatorie di concorsi pubblici, ma non c’è alcuna garanzia, fino a quando qualcuno non dirà cosa accadrà dopo quella data”, aggiunge Riscucci.

Il confronto internazionale – La vicenda dei precari, però, diventa anche l’occasione per approfondire il tema del finanziamento pubblico. Il Consiglio nazionale delle ricerche, sottolinea i dati di una recente indagine di confronto con alcuni importanti enti di ricerca a livello europeo (tra cui il Max Planck in Germania, il Cnrs in Francia) e in Nord America, dalla quale “è emerso come la capacità del Cnr di attrarre risorse da fondi di ricerca sia la più alta (circa 30%)”, mentre appare molto bassa la quota di finanziamento nazionale. Il finanziamento dello Stato per ricercatore colloca il Cnr all’ultimo posto tra i grandi enti di ricerca internazionali oggetto di indagine. “Ciò determina un’incidenza molto alta delle spese di funzionamento correnti sui finanziamenti dello Stato – aggiunge il Cnr – con effetti negativi sulla sostenibilità economica”. Ma in questi giorni Lettera 150, l’associazione a cui aderiscono circa 300 professori universitari, ha posto un altro tema: quello di garantire maggiore trasparenza. E ha chiesto di modificare il passaggio della legge di Bilancio sul Cnr. Il timore è che “la gestione dei finanziamenti derivanti dal Piano nazionale di Rilancio e Resilienza (Pnrr) possa essere decisa da soggetti esterni al Cnr e che i 50 milioni, che la Manovra destina al rilancio dell’ente, possano essere impiegati, in una parte ad oggi indefinita, a pagare consulenze assegnate discrezionalmente”. Questo nel “primo ente in Italia” che con un bilancio di circa un miliardo di euro “è strategico per lo sviluppo scientifico, culturale ed economico del Paese e ancora di più lo sarà con la gestione dei fondi che arriveranno dal Pnrr” ricorda l’associazione, ricordando che il processo di rilancio dell’ente “indubbiamente necessario, deve avvenire nella trasparenza e nel rispetto delle competenze degli organi statutari interni, cardini dell’autonomia dell’ente stesso”.

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