Nel Paese il potere l’hanno loro, i commercianti di mercanzie e di vite umane. Dalle elezioni presidenziali e legislative all’adesione alla Zona di Mercato Africano Libero – Zlecaf, in un acronimo improbabile – tutto passa dalle mani e soprattutto dalle borse dei mercanti. Un caso particolare di questa egemonia, che si conferma tramite scelte politiche e la dimissione in blocco della classe intellettuale nigerina, è appunto l’ambito dell’educazione scolastica. Lo smantellamento graduale, coerente e sistematico dell’impianto educativo è iniziato, al dire dei più, coi “Piani di Aggiustamento Strutturale”, i Pas negli anni ’80. La batteria di misure economico-ideologiche per “normalizzare” i Paesi troppo “nazionalisti” e autonomi rispetto alla narrazione dominante ha colpito il Niger e altri Paesi dell’Africa subsahariana. Tra i settori colpiti si noterà la scuola.

La deriva dell’educazione formale ha gradualmente prosperato e le scuole statali, che si erano complessivamente distinte negli anni post indipendenza, hanno visto confiscato il loro ruolo trainante e la qualità dell’insegnamento. Il peso delle scuole private è andato crescendo fino a costituire ciò che in definitiva si voleva dall’inizio e cioè la creazione di una classe subalterna di marginali che non potranno mai scalzare le élite dal potere. In effetti i figli e i figliastri della scuola sono i figli e i figliastri della società: alcuni nati per comandare e arricchirsi e gli altri funzionali al sistema e “merce” spendibile sul mercato globale. I figli, le figlie, e in genere la parentela delle famiglie che hanno soldi in banca e possono viaggiare all’estero, sono mandati nelle scuole private, nelle università private per un mondo privato, agli altri chiamati, appunto, figliastri. I figli, le figlie, i nipoti e le cugine dei poveri vanno, per l’ordine naturale delle cose, nelle scuole dello stato, dove l’insegnamento e la fatiscenza delle strutture rivelano l’abbandono come destino quasi segnato.

Una ventina i bambini bruciati l’anno scorso in un quartiere prossimo dell’aeroporto internazionale di Niamey e un numero ancora maggiore arso il passato lunedì nella capitale economica Maradi, rappresentano la tragica metafora del sistema educativo nigerino. Esso è uno specchio fedele della società da cui è generato. Perché, in realtà, a morire sono anzitutto i poveri, i giovani, i bambini e il loro futuro, bruciato sull’altare degli interessi delle classi privilegiate. Classi che commerciano e speculano su tutto e tutti, dalla politica all’economia per garantirsi la conservazione e la trasmissione del potere da padre a figlio. I “figliastri” invece, le folle immense degli scarti sociali, sono sacrificati agli interessi dei potenti che dispongono delle loro vite senza alcun scrupolo.

Nel Paese le classi di paglia si calcolano a 36mila e sono i figli dei poveri che ivi sono ospitati per imparare a memoria che la loro vita sarà differente da quella dei figli dei commercianti. Il governo ha recentemente decretato il divieto di usare queste classi per i più piccoli.

Nel Paese il potere l’hanno loro, i figli dei poveri. L’incendio delle classi di paglia di Niamey e quello delle classi di Maradi, che ha consumato la vita di decine di bimbi e delle loro famiglie, è stata come l’apocalisse che smaschera la violenza nascosta del sistema. Questo gruppo di bimbi, sepolti in fosse comuni e rivestiti della bandiera nazionale, continuano la scuola e mettono nella mani dei commercianti delle braci che mai si spegneranno.

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