La messa di ringraziamento per la mancata approvazione del disegno di legge Zan ha aperto uno squarcio all’interno della comunità cristiana. Diciassette tra sacerdoti, suore e laici hanno scritto una lettera ad Avvenire prendendo una posizione critica rispetto alla chiusura nei confronti del mondo Lgbt che si manifesta anche nella Chiesa. Il rito liturgico era stato annunciato da don Antonio Ziliotto, parroco di San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, ma l’intervento del vescovo, Michele Tomasi, l’aveva bloccato “per evitare strumentalizzazioni in contrasto con la celebrazione eucaristica”.

I preti usciti allo scoperto non sono figure di secondo piano. “La nostra presa di posizione non riguarda in modo specifico la messa di San Zenone, ma è una riflessione da parte di sacerdoti, religiose e laici impegnati in una pastorale di accoglienza, comprensiva, che accompagna questi cristiani” spiega don Giorgio Riccoboni, parroco del Duomo di Treviso. Tra i firmatari ci sono anche don Nandino Capovilla, parroco nel quartiere popolare della Cita, a Marghera, che a luglio fu tra gli animatori della protesta contro il G20, ma anche don Fabio Bellentani, modenese, che nel 2017 annullò una messa perché vicino alla chiesa si teneva un memorabile concerto di Vasco Rossi ed espresse parole di apprezzamento per la musica che unisce. Ma anche padre Giovanni Belloni del Pime, per anni missionario in Bangladesh, padre Giorgio Ghezzi di Modugno, don Antonino Zito, direttore a Palermo dell’Ufficio diocesano degli insegnanti di religione che a giugno disse: “Usciamo dall’oscurantismo, è una legge necessaria”.

I preti chiedono alla Chiesa di cambiare posizione. “Camminiamo accanto a persone omosessuali, transessuali e a molti loro genitori. Sono credenti che testimoniano la fede anche in ambienti laici del mondo Lgbt+. In loro vediamo una fede genuina, coraggiosa, impegnata. Forte è il desiderio di comunione ecclesiale, nonostante esclusioni e giudizi sprezzanti” è la premessa da cui parte il gruppo, che aggiunge: “Con dispiacere vediamo altri allontanarsi, profondamente feriti da dichiarazioni e parole troppo gelide della nostra Chiesa. Per dire il Vangelo non può esserci il bisogno di parole che feriscono la dignità”.

Per articolare il loro ragionamento si appellano a diversi riferimenti del Magistero della Chiesa, ma cercano di dribblare le obiezioni dei vescovi italiani. “Conosciamo i dubbi della Cei sul ddl Zan, che poteva essere un dispositivo a protezione di molti concittadini, compresi quelli dalle diverse abilità, ma ci stanno a cuore le persone, con le quali cerchiamo strade di fedeltà al Vangelo, e il Paese tutto”. Segue un giudizio molto netto sull’epilogo parlamentare: “Come cittadini, questa vicenda ci addolora e ci indigna. Abbiamo perso tutti. E il Paese resta incapace di sanzionare violenze e discriminazioni senza pregiudizi. Altre ferite resteranno impunite sulla pelle delle persone per una ‘conta’ politica irresponsabile e lontana dal Paese. Come comunità cristiana non ci accada di scivolare nell’abbraccio mortale di qualche forza partitica. Invece, anche nella comunità cristiana parole di approvazione per l’esito della vicenda hanno di nuovo ferito la dignità di tanti, di tutti, perché un Paese più civile è per tutti”.

Marco Tarquinio, direttore di Avvenire ha risposto in modo pacato. “Trovo appassionata e bella la vostra richiesta di attenzione e di rispetto per le persone omosessuali e transessuali e per le loro famiglie, specialmente (ma non solo) per quelle che camminano con voi nella fede e vivono la Chiesa”. Però ha ricordato che “i dubbi espressi dalla Cei – e in piena sintonia, ma a un diverso livello, dalla Santa Sede – sul testo del cosiddetto ddl Zan così com’era stato approvato alla Camera sono dubbi pertinenti e precisi, riguardanti punti ambigui o rischiosi del testo, condivisi anche da tanti altri, cattolici e no”. E ha definito “avventata” la decisione di celebrare una messa per il disegno di legge Zan non approvato.

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