Dopo i focolai dei giorni scorsi in Veneto, scoppia a Roma un caso aviaria con la scoperta di un animale infetto in in un allevamento di Ostia Antica. Martedì è stata notata una mortalità anomala in un allevamento di pollame non a scopo commerciale ed è stato certificato un caso di aviaria che interessa 35 piccoli allevamenti nella zona di Ostia Antica. Dopo i controlli dell’Istituto zooprofilattico il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha subito disposto un’ordinanza con cui ha istituito una zona di protezione di 3 chilometri, che circonda il focolaio, e una di 10 detta “di sorveglianza”. Intanto tutte le carcasse dei volatili sono state distrutte e i veicoli e le attrezzature utilizzate per trasportare pollame sono ancora sotto disinfestazione, così come tutti i veicoli utilizzati nelle aziende.

Per 21 giorni dopo la disinfestazione non sono ammessi l’ingresso e l’uscita dall’azienda non solo di pollame e altri volatili, ma anche di altri mammiferi domestici, a meno che non lo autorizzi un veterinario. Nell’ordinanza si legge: “Sono vietati il trasporto di carne di pollame, la movimentazione e il trasporto tra aziende, su strada, e l’introduzione e l’immissione di selvaggina. Sono vietate fiere di pollame e altri volatili”. Fortunatamente tutte le aziende sono di piccole dimensioni e tra queste nessuna è a carattere intensivo. Lo conferma Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio, che ha dichiarato: “Tutti devono attenersi alle indicazioni contenute nell’ordinanza e chiediamo la massima collaborazione con i Servizi veterinari e di igiene degli alimenti della Asl Roma 3 e con i tecnici dell’Istituto Zooprofilattico“.

I casi di aviaria non interessano solo il Lazio: 50mila tacchini della azienda Amadori, nel ferrarese, sono sotto sequestro precauzionale e in 20 piccole aziende del veronese ci sono focolai di influenza aviaria. Il presidente della Copagri Veneto, Carlo Giulietti, ha voluto ricordare che il virus non contagia gli umani, ma ha anche invitato a tenere alta l’attenzione perché il virus non si diffonda. “Oltre a segnalare qualsiasi sintomatologia sospetta, invitiamo tutti gli allevamenti avicoli a rispettare i protocolli individuati per evitare il rischio di contagi indiretti; attenzione quindi alla disinfezione dei camion, all’ingresso e all’uscita dall’azienda, e all’utilizzo di calzari e abbigliamento dedicato, evitando il contatto diretto tra uccelli selvatici e pollame e limitando le visite esterne in allevamento”, si legge in una nota.

Per Guido Grilli, professore di Patologie aviarie alla facoltà di veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, il problema è anche climatico: “L’Italia è un’autostrada per quanto riguarda la migrazione degli uccelli. Nel Nord Italia abbiamo tante zone umide e sicuramente il cambiamento climatico ha un impatto. Se si va adesso nelle nostre campagne nel Lodigiano, si possono vedere anche diverse popolazioni stanziali di ibis sacri, che sono una specie africana e si chiama così perché era sacra per gli egizi. È un bel salto dall’Egitto a casa nostra”, chiude Grilli.

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