“Tutte le persone che mi hanno voluto bene vorrei averle qui attorno a me, come un muro di protezione”. Fragile, ironica, rigorosa e seducente. Difficile è ridurre in sintesi un’artista straordinaria come è stata Monica Vitti, oggi 90enne e per questo celebrata in un bel documentario che trova nel suo titolo il miglior possibile riassunto a questa complessa personalità: Vitti d’arte, Vitti d’amore. Diretto da Fabrizio Corallo e prodotto da Dazzle Communication e Indigo Film con Rai Documentari, non è un’apologia all’attrice romana bensì un ritratto intimo e suggestivo, guidato dai concetti di ricordo & memoria nel doloroso paradosso che affligge il presente di questa magnifica donna che purtroppo ricordi e memorie non ha più. All’anagrafe Maria Luisa Ceciarelli, Monica Vitti è stata un’icona di cinema e teatro italiani unica nel suo genere. Perché dotata di quel naturale talento comico chissà perché normalmente attribuito solo alle attrici (spesso degradate col termine di “caratteriste”) “meno” piacevoli agli occhi.

E invece si sa, Vitti era bellissima e sexy, ma talmente simpatica ed auto-ironica da piacere a chiunque, uomini e donne. “Ho bisogno di far ridere” diceva al mondo, e probabilmente a se stessa: splendidamente ci è riuscita dopo che Mario Monicelli ne ha “sdoganato” la vis brillante in La ragazza con la pistola nel 1968 . Anti-diva per eccellenza, sapeva tener testa ai colleghi uomini che amavano recitare (e scherzare) con lei, da Alberto Sordi con cui esisteva un’amicizia fraterna assoluta, a Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Giancarlo Giannini e Nino Manfredi. In fase di realizzazione del suo documentario, Fabrizio Corallo ha focalizzato la caratteristica forse più peculiare del talento di Monica nella “estrema varietà dei ruoli e dei personaggi interpretati restando sempre e comunque se stessa sia nei ruoli drammatici che in quelli brillanti, l’attenzione assoluta a ogni aspetto della lavorazione di un film per cui la si può definire a buon diritto una coautrice”.

E non è azzardato immaginare che la musa e allora compagna di Michelangelo Antonioni fosse già una “co-autrice” della seminale trilogia dell’incomunicabilità ipso facto per il suo volto, corpo, modo di stare davanti a una macchina da presa così come di stare al mondo. Probabilmente Antonioni l’aveva intuito, aveva estratto dalla sua giovane attrice una linfa misteriosa e magnetica capace di dar forma al suo sguardo nei tre capolavori che portano i titoli de L’avventura (1960), La notte (1961) e L’eclisse (1962).

Partendo e terminando nell’oscurità suggestiva di Villa Borghese, dove “probabilmente” Michele Placido ha incontrato “Monica Vitti che camminava accompagnata dal marito Roberto Russo”, Vitti d’arte, Vitti d’amore è una lettera di stima e affetto verso una delle più talentuose personalità del cinema italiano e non solo, anche grazie al contributo di numerosi “testimoni”, da Paola Cortellesi a Michele Placido, da Enrico Vanzina a Citto Maselli, daBarbara Alberti a Laura Delli Colli, da Enrico Lucherini a Christian De Sica, da Carlo Verdone a Sandro Veronesi e Giancarlo Gianini. Dopo il passaggio alla 16ma Festa del Cinema di Roma sarà su Rai3 venerdì 5 novembre 2021 in prima serata.

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