Nonostante gli sia stato rifiutato l’accesso, la nave Rainbow Warrior di Greenpeace non rispetterà il divieto imposto dalle autorità di Glasgow e risalirà il fiume Clyde per dirigersi verso la sede della COP26, la conferenza globale sul clima che ha inizio oggi nella città scozzese.

A bordo della nave di Greenpeace sono presenti attiviste e attivisti provenienti delle comunità più colpite dalla crisi climatica. Se il viaggio della Rainbow Warrior verso Glasgow dovesse andare a buon fine, ad accoglierla questo pomeriggio ci saranno altri attivisti, per consegnare insieme un forte messaggio ai leader mondiali nel corso di una conferenza stampa che si terrà nei pressi del centro conferenze della COP26.

I quattro giovani attivisti per il clima a bordo della nave fanno parte di Fridays for Future MAPA (Most Affected People and Areas). Si tratta di Jakapita Kandanga, (24 anni, Namibia), Edwin Namakanga, (27 anni, Uganda), Maria Reyes, (19 anni, Messico), Farzana Faruk Jhumu, (22 anni, Bangladesh). Come ben visibile su grandi striscioni appesi tra gli alberi della Rainbow Warrior e sulla prua della nave, attiviste e attivisti chiedono ai leader mondiali di “Smetterla di deluderli”.

Molti attivisti e delegati provenienti da aree pesantemente colpite dalla crisi climatica non sono in grado di presenziare alla COP26, a causa delle restrizioni negli spostamenti dovuti alla pandemia e alle disuguaglianze di vaccinazione. Una situazione che stride, ad esempio, se si pensa che gli Stati Uniti stanno inviando a Glasgow oltre mille delegati.

Per i giovani attivisti a bordo della Rainbow Warrior, i negoziati sul clima non dovrebbero avere luogo senza le persone più colpite, ma il fallimento delle nazioni ricche nel distribuire equamente i vaccini contro il Covid-19 ha impedito a molti attivisti di partecipare a questo importante appuntamento.

“I leader mondiali dovrebbero stendere il tappeto rosso alle persone più colpite da questa doppia crisi climatica e sanitaria, non negare loro di partecipare alla COP26”, dichiara Edwin Namakanga, attivista dell’Uganda. “Siamo solo quattro attivisti, ma rappresentiamo milioni di persone e le nostre voci devono essere ascoltate. Stiamo soffrendo le conseguenze di un’emergenza che non abbiamo creato e coloro che hanno il potere di determinare le politiche climatiche necessarie per fermare questa ingiustizia sono le stesse persone che ci stanno tradendo. È ora di sradicare questo sistema”.

La Rainbow Warrior di Greenpeace è salpata la sera del 30 ottobre dal porto di Liverpool. Ha quindi subito contattato l’autorità portuale di Clyde per chiedere il permesso di attraccare fuori dalla conferenza sul clima COP26. L’autorità ha risposto affermando che, come da Notice to Mariners, la nave non può navigare lungo il fiume Clyde e che questa zona è al momento controllata dalla polizia scozzese.

Il capitano della nave ha però deciso di ignorare gli avvertimenti dell’autorità portuale per continuare comunque il viaggio della Rainbow Warrior. Il messaggio che questi giovani attivisti portano con sé e la loro presenza alla COP26 sono fondamentali per il successo del vertice.

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