Oltre 200 migranti, nella serata di domenica, hanno occupato la stazione ferroviaria di Briançon, al confine tra Francia e Italia, e nella notte di lunedì, per evitare lo sgombero e il rischio di identificazioni e respingimenti in Italia, sono stati accolti dal parroco del paese francese. Più pericolosa ma meno militarizzata della frontiera di Ventimiglia, la ‘rotta alpina’ è sempre stata, negli ultimi cinque anni, luogo di transito per i migranti che riuscivano a eludere i controlli della polizia di frontiera al Monginevro. Negli ultimi tempi, complici anche i controlli anti-Covid, bus e treni che dal paese di montagna portano in altre regioni della Francia vengono controllati più regolarmente e non mancano (sebbene illegittime in base alle norme che dovrebbero regolare l’immigrazione in Europa) identificazioni e respingimenti collettivi in Italia.

Da qui si arriva all’attuale situazione di stallo, con persone che si trovano in quella sorta di “zona franca” rappresentata da Briançon, città con una forte presenza di persone solidali che in questi anni hanno saputo accogliere e tutelare le persone in transito e il rispetto dei loro diritti. Alle Terrasses Solidaires, rifugio gestito dall’associazione francese Refuges Solidaires, c’è spazio per un massimo di 80 persone. Superato quel limite, lo spazio fisico non consente condizioni dignitose e sicure da un punto di vista igienico sanitario, mettendo a rischio l’incolumità degli ospiti e degli stessi volontari.
Per questo, nel pomeriggio di domenica, i volontari che gestiscono il rifugio trovandosi a ospitare oltre 100 persone più del consentito hanno deciso di chiudere le porte e iniziare la protesta occupando la stazione di Briançon con i migranti e i solidali della rete Tous Migrants. Volontari e attivisti chiedono alle istituzioni di mettere a disposizione locali e posti letto di emergenza, anche in vista dell’abbassamento delle temperature che rende assolutamente proibitivo pernottare all’addiaccio. Dopo una notte e una giornata passata accampati in stazione, è arrivata la prima ‘risposta’ delle istituzioni francesi, sotto forma di polizia in assetto anti-sommossa e avviso di sgombero.

Così nella tarda serata di ieri, per evitare disordini e rischi ulteriori per le persone in transito, le persone accampate sono state accolte dal parroco di Briançon Jean-Michel Bardet nei locali della chiesa di Santa Caterina con l’appoggio del vescovo di Gap e Embrun Xavier Malle: “Pur consapevoli che non si tratta di una soluzione ottimale per nessuno e fino alla risoluzione dell’emergenza – scrivono in un comunicato in cui colgono l’occasione per rilanciare le ragioni della protesta – I rappresentanti dello Stato guardino in faccia la realtà, mettano al centro la dignità umana e facciano la loro parte per aiutare i rifugiati a proseguire il loro viaggio”. In queste ore circa 200 persone tra migranti e solidali sono accampati tra le panche della chiesa e i locali parrocchiali in attesa di soluzioni alternative più dignitose per le persone bloccate a pochi chilometri dalla frontiera italiana di Claviere. “Abbiamo deciso di chiudere il rifugio solidale e non intendiamo riaprire fino a quando le istituzioni non ci garantiranno soluzioni dignitose e alternative per ospitare le persone oltre il numero di 80 che riusciamo ad accogliere come volontari”, spiega il responsabile della struttura Jean Gabariou, tanto dispiaciuto quanto esasperato dalla latitanza delle istituzioni che delegano ad attivisti, solidali e volontari soluzioni a problemi di cui si dovrebbe fare carico lo Stato, analogamente a quanto avviene dal 2015 sui versanti italiani delle frontiere.

Presenti sul posto anche i ricercatori del Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova Filippo Torre, videomaker che ci ha inviato immagini e testimonianze in queste ore, e Luca Giliberti, che nel suo “Abitare la frontiera” (Ombre corte, 2020) ha seguito e raccontato i processi migratori transnazionali dal punto di osservazione privilegiato rappresentato dalle reti di solidarietà ai migranti in transito che si formano nei territori di confine: “La situazione a cui stiamo assistendo in questi giorni alla frontiera franco-italiana mette per l’ennesima volta in luce – è la loro analisi – come il proibizionismo migratorio europeo non serva a bloccare i flussi, ma abbia l’effetto di produrre violenza sofferenze e umiliazioni ai migranti che, senza il sostegno delle reti solidali sui territori, qui come altrove si ritroverebbero ancora più in una situazione di pericolo e marginalità”.

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