La firma digitale per i referendum è la più importante rivoluzione democratica degli ultimi dieci anni, perché la società digitale è nata da tempo, ma le istituzioni sono andate molto a rilento a recepirne gli aspetti positivi.

Solo nella scorsa legislatura, infatti, è nato lo Spid e la possibilità di avere un’identità univoca, protetta, che risponda a tutte le richieste del garante della privacy. Oggi il cittadino attraverso lo Spid può fare tutte quelle operazioni con la pubblica amministrazione perché il governo Conte 2 ha reso obbligatorio la piattaforma Pago PA e l’app IO come strumenti unici per il rapporto cittadino e pubblica amministrazione. Grazie ad un emendamento approvato in Parlamento in questa legislatura oggi la firma digitale per un referendum diventa lo strumento che rilancia democrazia e partecipazione.

Le istituzioni italiane prima della spinta del M5S sulla scena politica hanno risposto sempre con molto ritardo nel raccogliere i vantaggi di una società digitale, con una esclusione dei cittadini dalla vita pubblica ed è stato il M5S che ha permesso questa grossa accelerazione con il suo ingresso nelle istituzioni democratiche. Oggi accade qualcosa di molto semplice aggiungendo all’identificazione per le firme al referendum attraverso un notaio, o un delegato del sindaco o un parlamentare, un’identificazione digitale con lo Spid attraverso il proprio smartphone o pc.

Il M5S si è ispirato alla tradizione referendaria della Svizzera ed oggi i cittadini escono dall’angolo con la forza della firma digitale. Costruire strumenti di protagonismo per i cittadini come ha fatto questo Parlamento significa portare alla ribalta anche temi che altrimenti rimarrebbero chiusi in un cassettone mai affrontati dalle istituzioni a causa delle divisioni e dei veti incrociati delle forze politiche e i cittadini hanno il diritto dovere di sbaragliare i giochi.

Purtroppo in Italia una parte del potere è ostile alla partecipazione dei cittadini e subito ha innescato il dibattito per aumentare il numero di firme e allontanare di nuovo cittadini dalle istituzioni. Semmai dovremmo operosamente lavorare per abbattere il quorum del 50% per rendere valido il risultato di una consultazione referendaria. Già durante il Conte 1 tutte le forze politiche avevano abbassato il quorum scegliendo una soglia parametrata sulla partecipazione degli elettori all’ultima tornata elettorale nazionale.

La strada del M5S nelle istituzioni resta quella di aumentare e stimolare la partecipazione e gli strumenti di democrazia diretta istituzionali e costituzionali per mantenere vive le istituzioni come quelle del Parlamento dove si svolgono dibattiti più articolati e i ruolo di corpi sociali è quello di sviluppare autonomia per condizionare la politica verso il bene comune pompando energie, analisi, idee e proposte nuove dentro e fuori le istituzioni.

La digitalizzazione ci sta aiutando in tanti aspetti della vita quotidiana in questa emergenza e sulla democrazia può ancora far esplodere la sua forza con il voto digitale anche per le amministrative che diventa uno strumento importante contro l’illegalità e il voto di scambio, ed è sicuramente una strada da percorrere. Non sempre la soluzione veloce e facile che si ottiene con un clic è la migliore, la società digitale deve portare semplificazione, certo, ma allo stesso tempo porta rischi che vanno analizzati per non nascondere la complessità delle risposte che dobbiamo dare.

Con la transizione digitale ed ecologica da domani ci può essere un nuovo Paese ma solo se tutti noi cittadini partecipiamo con dedizione, approfondimento e gioia nell’essere protagonisti nei cambiamenti che ci sono ogni giorno, puntare il dito e lamentarsi al bar o sui social, quello lo sanno fare tutti e non è un utile esercizio di cittadinanza e di cambiamento.

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