Hanno scambiato tra loro migliaia di foto e video pornografici che riguardavano anche neonati. Questa l’accusa che il 21 settembre ha portato la polizia postale a eseguire 13 arresti e ventuno denunce in svariate città e regioni d’Italia: per tutti i destinatari delle misure i reati contestati sono divulgazione, cessione e detenzione di materiale pedo-pornografico.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state svolte da agenti sotto copertura che per oltre un anno e mezzo hanno eseguito l’accesso ai canali utilizzati per il traffico dei contenuti illeciti, principalmente piattaforme di chat e dark web, fingendosi utenti interessati. Alla fine le investigazioni, fatte anche di sopralluoghi e pedinamenti, hanno portato alla luce luce l’esistenza di un rete tentacolare formata da decine di cittadini italiani e stranieri che condividevano su internet immagini raccapriccianti di violenze subite da bambini e perfino di abusi su neonati. Un giro da oltre 250mila files che vedeva coinvolte Catania, Palermo, Bari, Napoli, Roma, Firenze, Milano e numerosi altri centri del Nord del Sud del Paese. Nelle perquisizioni domiciliari scattate all’alba di mercoledì come ultimo atto delle operazioni, gli inquirenti hanno trovato centinaia di dispositivi elettronici ma anche memorie esterne e micro schede che alcuni indagati avevano nascosto nelle fiale dei medicinali, nei barattoli del caffè, nei vasi di fiori, dentro libri sperando non venissero trovati.

A testimonianza della diffusione trasversale del fenomeno, la polizia ha sottolineato “l’assoluta varietà dei profili e delle età dei soggetti coinvolti, dal lavoratore autonomo al lavoratore dipendente, da chi possiede un titolo di studio di base al laureato”. Sul piano internazionale, sono ancora in corso accertamenti volti a condividere con le autorità straniere i dati raccolti, così come prosegue l’analisi delle immagini e dei frame del materiale sequestrato, nel tentativo di dare un nome alle piccole vittime.

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