Al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non piace che si chiamino “classi pollaio” preferisce parlare di aule “soprannumerarie” ma di là della questione di lana caprina legata al nome in duemila scuole, quasi 400 mila studenti studiano in aule sovraffollate. Sono quasi 14mila le classi gremite da 27 fino a record di 40 alunni. Il dato arriva da un’indagine presentata nei giorni scorsi da “Tuttoscuola” ed è confermata dalla maggioranza dei presidi che da anni devono fare i conti, soprattutto alle superiori, con un numero di studenti molto alto per sezione. E’ vero che nel 2020-2021, nella realtà dei fatti, a causa della pandemia spesso gli studenti sono rimasti a casa oppure sono stati divisi ma nei registri delle scuole i numeri sono quelli dati da “Tuttoscuola”: dati che sono più o meno identici da anni. Inoltre va detto che all’infanzia per tutto l’anno i bambini hanno frequentato le lezioni. Un tema già molto sentito negli anni scorsi e che alla vigilia del rientro in classe in presenza, con i timori che le misure Covid non siano sufficienti, torna prepotentemente di attualità.

Il 7 settembre il titolare del dicastero dell’Istruzione, in audizione alla commissione Istruzione alla Camera, ha provato a buttare acqua sul fuoco, ma è riuscito solo a scaricare il problema sugli amministratori: “Abbiamo dato 270 milioni agli enti locali per l’edilizia leggera. Sono loro i gestori delle scuole. Noi al ministero abbiamo avviato un gruppo di lavoro su questa tema. Va detto con chiarezza: dobbiamo ridisegnare gli spazi”.

Il ministro ha parlato solo di interventi edili dimenticando quanto i presidi chiedono da tempo la modifica della normativa approvata in epoca Maria Stella Gelmini che prevede all’infanzia un numero di bambini per sezione che deve essere non superiore a 26 e non inferiore a 18. Alla primaria le classi sono costituite, in ciascun plesso, da non meno di 15 e non più di 26 bambini, mentre nelle zone di montagna e piccole isole il numero minimo scende da 15 a 10 alunni. Alle “medie” sono formate, di norma, da non più di 27 alunni e non meno di 18 e alla secondaria di secondo grado si parla di un minimo di 27 alunni. Unica eccezione, in caso di disabili in classe: in questa situazione vanno limitate a non più di 22 alunni (in particolare in presenza di grave disabilità) a condizione che sia esplicitata e motivata la necessità di riduzione numerica di ciascuna classe. I capi d’istituto da tempo reclamano un passo in avanti in questa direzione sottolineando che la formazione di più classi dovrebbe comportare di conseguenza un aumento dell’organico.

Il ministero – secondo un monitoraggio voluto dall’ex rettore universitario – ha tra le mani questi dati: il 6% delle scuole secondarie superiori ha più di 27 alunni per aula così come il 27% ne ha meno di 15 (La media nazionale 20-22 alunni). Per “Tuttoscuola” la questione è più complessa: al primo anno delle superiori le classi pollaio sono il 15% del totale. Il massimo affollamento si ha nei licei. In particolare agli scientifici al primo anno c’è addirittura una classe pollaio su quattro. Ma anche i bambini da tre a cinque anni vivono il problema: il 5% delle classi delle scuole dell’infanzia sono eccessivamente numerose. In valori assoluti negli istituti tecnici le classi con non meno di 27 studenti erano nell’anno scolastico 2020-21 2.919, pari al 7,1% delle 41.007 classi di questo settore, quasi appaiati dagli ex istituti magistrali con il 6,9%. I professionali, invece, presentano un numero relativamente ridotto di classi (955) con il limite superiore ai 26 alunni (3,9% delle 24.311 classi funzionanti). Dal dossier di “Tuttoscuola” emerge che la massima concentrazione di classi pollaio è nei primi anni delle superiori. Un’analisi confermata da chi sta in trincea.

Cristina Costarelli è la preside del liceo “Newton” di Roma: “Nella mia scuola le classi con più di 27 alunni sono 22 su 46. E’ una situazione cronica. Purtroppo dobbiamo ogni anno formare le prime con un minimo di 27 ragazzi”. Secondo Costarelli l’ideale sarebbe avere venti studenti per aula ma ammettendo che questo numero potrebbe non essere fattibile, chiede che si arrivi almeno a 25: “Bianchi ha parlato di finanziamenti agli enti locali per l’edilizia leggera, ma se non si cambia la Legge sui requisiti per formare le classi, non serve a nulla dare soldi”. Dello stesso parere il collega fiorentino Ludovico Arte: “Sulle sessanta classi del “Marco Polo” ne ho una decina con più di 27 ragazzi e una sezione con trenta. Per risolvere il problema delle classi pollaio c’è una sola strada: ridurre il numero di alunni da norma”. Dalla Gelmini a Bianchi sono passati da viale Trastevere sette ministri, ma nessuno ha voluto risolvere la questione: “Avere più classi significa investire sul personale e credo – spiega Arte – che questo sia il vero problema”.

Nemmeno Laura Biancato, dirigente dell’ “Einaudi” a Bassano del Grappa e impegnata in passato come consulente del ministero perdona questa falla: “Su 63 aule, ben 16 hanno più di 27 alunni e cinque arrivano a trenta. Tutte le superiori delle grandi e medie città hanno questo problema. Per personalizzare gli apprendimenti dovremmo avere tra i venti e i venticinque alunni per sezione”. Infine, a fare un ragionamento ancora più complesso è la preside cremonese dell’ “Einaudi” Roberta Mozzi: “Va detto con franchezza che un’aula con 27 alunni è già fin troppo numerosa. Chi parla di classi pollaio dimentica che in un tecnico i ragazzi devono andare nei laboratori. Non posso mandare più di quindici ragazzi in un laboratorio di chimica per questioni di sicurezza”.

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