“DURIGON FUORI DAL GOVERNO!” – FIRMA LA NOSTRA PETIZIONE SU CHANGE.ORG

Cresce ora dopo ora la pressione su Claudio Durigon, il sottosegretario leghista all’Economia che lo scorso 4 agosto – durante un comizio a Latina – ha proposto di reintitolare un parco pubblico della città, dedicato a Falcone e Borsellino, ad Arnaldo Mussolini, fratello del dittatore fascista. A chiedere le sue dimissioni dal Governo – per bocca dei rispettivi leader – Pd, Movimento 5 stelle e Liberi e uguali, pronti a votare la mozione di censura già presentata dai deputati grillini a inizio maggio, all’indomani dell’inchiesta di Fanpage in cui il politico era ripreso mentre si vantava di “aver messo” ai vertici della Guardia di finanza il generale che indaga sui 49 milioni scomparsi della Lega: una vicenda su cui Mario Draghi aveva scelto di glissare. Ora però, a settembre, il caso Durigon tornerà alla ribalta, con l’aggiornamento e la richiesta di calendarizzazione della mozione in cui si chiede proprio al premier di revocare le deleghe al sottosegretario. Uno snodo che potrebbe causare un terremoto nel Governo, perché la Lega ha già fatto capire di non voler accettare l’estromissione di uno dei propri uomini più importanti in termini di relazioni e peso elettorale.

Ma dall’ala sinistra della coalizione le voci sono compatte. Subito dopo l’investitura a neo-presidente dei 5 stelle, l’ex premier Giuseppe Conte al Fatto ha definito “aberrante voler cancellare anni di lotta alla mafia e il sacrificio dei nostri uomini migliori, per giunta allo scopo di restaurare il ricordo del regime littorio“, chiedendo che Durigon “dismetta immediatamente l’incarico di sottosegretario di Stato” (così come ha chiesto anche il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo). Il giorno dopo, sempre al nostro giornale, il segretario Pd Enrico Letta ha dichiarato che le frasi del leghista “infangano in un colpo solo l’antifascismo e la memoria di due eroi civili come Falcone e Borsellino”, giudicandole “incompatibili con la sua permanenza nell’esecutivo”. E la linea del segretario è stata confermata alle agenzie dal Nazareno. Poche ore dopo tornato all’attacco anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana (che compone insieme ad Articolo 1 il gruppo parlamentare di Leu): “Mentre continua il silenzio del presidente Draghi, vedo che con le parole chiare di Letta e Conte, si estende sempre più l’arco di forze che chiede le dimissioni del sottosegretario Durigon dal governo. Dimissioni che dovevano essere presentate già dopo l’inchiesta di Fanpage e ancora più motivate dopo le sciocchezze dette sul fratello di Mussolini. Ora la mozione di sfiducia è l’unico strumento per ridare un minimo di dignità“.

Nel corso della giornata, poi, si sono aggiunte nuove dichiarazioni di peso. Ad esempio quella di due ministri M5s, Stefano Patuanelli e Luigi Di Maio. Il titolare dell’Agricoltura è stato il primo membro del Governo a prendere posizione sul caso: “Credo che sia intollerabile ciò che ha detto il sottosegretario Durigon, non è compatibile con la sua permanenza nel governo”, ha sostenuto, in visita nei territori colpiti dagli incendi di questi giorni in provincia di Oristano. “Mi auguro che non sui arrivi alla mozione di sfiducia, credo che sarà necessario un passo indietro“. In serata si è aggiunto il capo della Farnesina ed ex capo politico 5 stelle: “Durigon? Le sue affermazioni sono molto gravi, ci aspettavamo delle scuse mai arrivate. A questo punto dovrebbe fare un passo di lato“. Se alla mozione si arriverà, però, a votarla non saranno solo pentastellati, dem e sinistra. Il forzista Elio Vito, già protagonista di forti prese di posizione – in dissenso da quasi tutto il centrodestra – a favore del ddl Zan, annuncia il proprio sì su Twitter: “Voterò la mozione di sfiducia a Durigon presentata dal M5s. Perché l’antifascismo è un valore fondante la Repubblica e perché non possiamo pubblicare ogni anno foto di Falcone e Borsellino e poi restare indifferenti. Spero di non essere il solo in Forza Italia”.

Dal resto del centrodestra invece si ascolta solo un silenzio imbarazzato. Proprio come quello di Matteo Renzi, che negli ultimi mesi ha inaugurato un solido asse politico con la Lega di Salvini. Il leader di Italia viva – impegnato nel tour estivo di presentazione del proprio libro, in cui bombarda un giorno sì e l’altro pure il reddito di cittadinanza – non ha ancora proferito parola sulla vicenda Durigon, nè ha chiarito se i 28 deputati che gli fanno capo voteranno o meno la mozione di censura. A titolo personale si sono espressi il capogruppo al Senato Davide Faraone: Ignominia si chiama, vituperio. Offendere così due eroi antimafia dovrebbe essere reato“, e la viceministra delle Infrastrutture Teresa Bellanova (“L’apologia di fascismo nel nostro Paese è reato, e chi rappresenta le Istituzioni dovrebbe avere a cuore il moltiplicare i luoghi intitolati a Falcone e Borsellino, altro che proporne la cancellazione. Bruttissima pagina di politica”). Mentre i portavoce nazionali di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, stigmatizzano la mancanza di interventi del capo del Governo. “Perché Durigon è ancora sottosegretario e perché di fronte a parole oltraggiose contro la democrazia e la Costituzione il premier non ha chiesto le sue dimissioni?”, si chiedono.

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