La faccia di Emiliano Zapata sulla canna della Colt .38. Il simbolo della rivoluzione messicana, eroe nazionale, usato come marchio di fabbrica per attirare l’attenzione dei narcos che ne hanno fatto uno status symbol. Ma adesso il Messico ha deciso di frenare il flusso di armi in arrivo dagli Stati Uniti e che contribuiscono a far scorrere il sangue che macchia le strade del Paese, ostaggio delle guerre per il dominio sul traffico di droga. Così, il governo di Città del Messico ha deciso di fare causa per 10 miliardi di dollari ad almeno cinque produttori di armi americani in un tribunale del Massachusetts: un’iniziativa senza precedenti lanciata insieme all’accusa di negligenza nel non controllare i loro distributori, con il mercato illegale messicano definito “la loro linfa economica”.

Ad annunciare la mossa dell’esecutivo è stato il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, che ha accusato direttamente le aziende Smith & Wesson, Barrett Firearms, Colt’s Manufacturing Company, Glock e Ruger di aver assecondato i criminali messicani nella loro continua ricerca di armi da impiegare nella guerra tra narcos. E proprio la Colt .38 viene esplicitamente citata dal governo, una pistola diventata ormai iconica nel mondo della criminalità organizzata del Paese centroamericano. Proprio una di queste è stata usata nell’omicidio del 2017 della giornalista dello Stato di Chihuahua, Miroslava Breach, che ha indagato sui legami tra politici e criminalità organizzata ed è stata uccisa mentre portava suo figlio a scuola. Ogni anno entrano in Messico 500mila armi e il 70%, 340mila, arriva dagli Stati Uniti. Il risultato è che nel 2019 hanno provocato almeno 17mila omicidi.

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